Locazioni immobiliari

CREDITO D’IMPOSTA PER I CANONI DI LOCAZIONE E DI AFFITO D’AZIENDA
L’art. 28 D.L. 34/2020 prevede un nuovo credito d’imposta sui canoni di locazione, leasing o affitto d’azienda di immobili ad uso non abitativo corrisposti relativamente ai mesi di marzo, aprile e maggio (o aprile, maggio, giugno per le strutture turistiche con attività solo stagionale) da imprese, professionisti ed enti no profit. Le condizioni per usufruirne sono le seguenti:

  • ricavi/compensi 2019 inferiori ad € 5 milioni (requisito non richiesto per strutture alberghiere e agrituristiche);
  • calo del fatturato/corrispettivi pari almeno al 50% nel mese di riferimento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente;
  • il canone di locazione/leasing/affitto d’azienda deve comprendere almeno un immobile ad uso non abitativo destinato allo svoglimento dell’attività;
  • il canone di locazione/leasing/affitto d’azienda deve essere stato corrisposto, anche se in ritardo, entro il 31/12/2020.
    Il credito d’imposta è pari al:
  • 60% dell’ammontare mensile dei canoni di locazione o leasing;
  • 30% dell’ammontare mensile dei canoni relativi a contratti di affitto d’azienda.
    Il suddetto credito non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP e può essere utilizzato in dichirazione dei redditi, in compensazione nel mod. F24 o ceduto ad altri soggetti; inoltre non è cumulabile con il credito d’imposta di cui all’art. 65 del D.L. 34/2020 “Cura Italia” previsto per il mese di marzo sulle locazioni di immobili appartenenti alla categoria C/1.
    Per l’utilizzo del credito d’imposta è necessario attendere ulteriori informazioni dall’Agenzia Entrate in merito al codice tributo.

CESSIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA
Fino al 31/12/2021 i beneficiari del credito d’imposta precedentemente descritto, possono optare in luogo all’utilizzo diretto del credito, alla cessione, anche parziale, dello stesso ad altri soggetti, tra i quali istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Ai sensi dell’art. 122 D.L. 34/2020 il cessionario può utilizzare il credito in compesazione con le stesse modalità previste in capo al cessionario, ma l’eventuale quota di credito non utilizzata non può essere richiesta a rimborso.
Ad oggi manca il provvedimento attuativo con tutte le informazioni connesse e conseguenti all’esercizio dell’opzione.

REVISIONE DEI CANONI DI LOCAZIONI
A causa dell’emergenza sanitaria in corso, molti operatori economici si trovano in difficoltà a corrispondere alle scadenze prefissate il canone di locazione degli immobili in cui viene esercitata l’attività. In accordo con il proprietario (locatore) è possibile valutare le seguenti opzioni:

  • temporanea sospensione dei pagamenti, da rinviare ad una data stabilita, senza alcuna maggiorazione a titolo di penalità o interessi;
  • revisione (temporanea o definitiva) del contratto di locazione, con introduzione di nuovi accordi relativi alla misura del canone, ai tempi del suo pagamento, o altri patti e oneri originariamente a carico di una delle parti;
  • risoluzione consensuale del contratto.
    Per le descritte ipotesi è opportuno, per entrambe le parti, formare un atto scritto da sottoporre a regolare registrazione affinché esso sia opponibile a terzi o quantomeno darne data certa anche per mezzo di strumenti informatici.
    Nel caso di mancato accordo il locatario, ove non ritenga di continuare l’esercizio di impresa, potrà recedere dal contratto, con comunicazione formalmente notificata alla proprietà con un preavviso di sei mesi, dimostrando i gravi ed insuperabili motivi di “forza maggiore imprevedibili e inevitabili” che lo inducono al recesso dal contratto.
    In mancanza di tali adempimenti, oltre al pagamento di sei canoni, dovrà risarcire il locatore dei danni da questi subiti e la cui esistenza sia effettiva e dimostrata.
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Misure in sostegno del turismo

CREDITO D’IMPOSTA PER VACANZE
L’art. 176 D.L. 34/2020 “Decreto Rilancio” introduce, per l’anno d’imposta 2020, un credito, utilizzabile dalle famiglie per le vacanze c.d. “tax credit vacanze”. Tutte le disposizioni attuative verranno definite con un provvedimento dell’Agenzia Entrate di prossima emanazione, ma l’articolo in esame fornisce le linee guida.
In particolare il credito spetta ai nuclei familiari con ISEE non superiore ad € 400.000 ed è utilizzabile dal 1/07/2020 al 31/12/2020 per il pagamento dei servizi offerti da strutture turistico-ricettive (alberghi, case vacanza, agriturismi, bed & breakfast ecc.) nazionali. L’importo varia in base ai componenti del nucleo familiare:

  • € 500 per i nuclei formati da 3 o più persone;
  • € 300 per i nuclei formati da 2 persone;
  • € 150 per i nuclei formati da una sola persona;
    ed è fuibile nella misura dell’80% sottoforma di sconto sul corrispettivo dovuto al fornitore, previo accordo tra le parti, e per il restante 20% sottoforma di detrazione di imposta in dichiarazione.
    Lo sconto viene rimborsato al fornitore sottoforma di credito d’imposta da utilizzare in compensazione tramite F24, oppure cedendo lo stesso ai propri fornitori, istituti di credito o intermediari finanziari.
    Il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’intervento di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.
    ATTENZIONE: si ricorda che l’ISEE valuta la situazione economica complessiva familiare ed ai fini del calcolo non influisce soltanto il reddito, ma anche altri elementi, quali, ad esempio il patrimonio immobiliare, gli investimenti finanziari, i conti correnti. Per il conteggio è consigliabile rivolgersi ad un patronato.

ESENZIONE IMU PER IL SETTORE TURISTICO
L’art. 177 D.L. 34/2020 al fine di sostenere le attività maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria COVID-19 ha previsto l’abolizione della prima rata IMU in scadenza il 16/06/2020 per:

  • Immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali, fluviali e termali;
  • Immobili rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni) a condizione che i relativi proprietari siano anche i gestori dell’attività ivi esercitata
  • Immobili degli agriturismi, dei villaggi turistici, degli ostelli della gioventù, dei rifugi di montagna, delle colonie marine e montane, degli affittacamere per brevi soggiorni, delle case e appartamenti per vacanza, dei deb & breakfast, dei residence e dei campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche i gestori delle attività ivi esercitate.

ESONERO TOSAP IMPRESE DI PUBBLICO ESERCIZIO
Le imprese di pubblico esercizio di cui all’art. 5 L. 287/1991, tra cui bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, tavole calde, birrerie, titolari di concessioni o autorizzazioni concernenti l’utilizzo del suolo pubblico, ai sensi dell’art. 181 D.L. 34/2020 sono esonerate nel periodo intercorrente tra il 1/05/2020 e il 31/10/2020 dal pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico (TOSAP)

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SVILUPPO del PAESE AGEVOLAZIONI PER IL RIENTRO DI CITTADINI DALL’ESTERO – MAGGIORI INCENTIVI

Ulteriore normativa introdotta nel nostro ordinamento per favorire lo Sviluppo Economico-Sociale e Culturale del Paese, oltre a quella relativa alle “Start Up innovative” (cfr. nostro precedente Blog), di altrettanta importanza è quella che incentiva il rientro in Italia di lavoratori all’Estero.

Un primo provvedimento al riguardo, rivolto alle figure accademiche di “RICERCATORI”, fu emanato nell’anno 2003, con il decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003.

Nel tempo, con legge del 2010 (n. 238 del 30.12.2010) fu emanata una più larga norma di incentivazione al rientro in Italia dei c.d. “ cervelli in fuga”, proposito esplicitato nello stesso art. 1 del provvedimento in esame: “…La presente legge intende contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate da cittadini dell’Unione europea… che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post lauream all’estero e che decidono di fare rientro in Italia”.

Il successivo art. 2   individua i beneficiari delle agevolazioni nei “…cittadini dell’Unione europea

 in possesso di un titolo di laurea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più…”

Tale normativa costituisce il nucleo d’origine di un assetto di successive norme, rivolte anche ai cittadini di altri Paesi della Comunità Europea, succedutesi nel tempo e tendenti allo sviluppo economico e culturale del nostro Paese, mediante anche l’acquisizione (e il rientro in Italia) di “capitale umano” che abbia maturato significative e qualificate esperienze al di fuori del proprio Paese di origine.

Giungiamo così al D.L. 34 del 30 aprile 2019 (Decreto Crescita 2019) che rivede ed amplia, con decorrenza dal 2020, le previsioni di favore per i c.d. “impatriati” e degli “accademici” nonché al Decreto Fiscale 2020 (L. 19.12.2019) che anticipa in parte, all’anno 2019, le norme di favore in argomento.

Quali i requisiti dei soggetti interessati e i benefici fiscali oggi previsti?

All’inizio del nuovo anno 2020, lo “stato dell’arte”, per ciascuna categoria di potenziali interessati, si può sintetizzare come segue.

Requisiti dei soggetti beneficiari e agevolazioni

Residenza: precedente iscrizione all’AIRE per il periodo di permanenza all’estero e nuova iscrizione in Italia.

Ove manchi l’iscrizione all’AIRE, è necessario che ci sia la stata la residenza fiscale in un Paese Estero con il quale l’Italia abbia una “Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi”;

in ogni caso deve sussistere la condizione di cui all’art. 2 del Dpr n. 917/1986 -Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), per il quale, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.

 c.d. “Lavoratori impatriati”: Titolo di studio Laurea o specializzazione “dopo laurea” – Attività all’estero (lavoro o Studio) ultimi 24 mesi – impegno alla permanenza almeno biennale in Italia, per svolgere attività di lavoro autonomo, lavoro dipendente e assimilato.

Imprenditori che intendono avviare un’attività d’impresa in Italia.

Agevolazione:

Esenzione da imposta sui redditi del 70% dei redditi derivanti da lavoro dipendente o assimilato, lavoro autonomo, esercizio d’ impresa. L’esenzione è aumentata al 90% in caso di trasferimento in regioni del Sud Italia.

Durata del beneficio: periodo di 5 anni, incrementabile – con riduzione del beneficio- in relazione

al numero di figli a carico e/o alla circostanza di acquisto di immobile residenziale in Italia.

Accademici (Docenti e Ricercatori)

Agevolazione: esenzione da imposta sui redditi del 90% dei redditi derivanti da lavoro dipendente o assimilato, lavoro autonomo.

Durata del beneficio: l’anno di trasferimento e i successivi 5 anni, incrementabile in relazione al numero dei figli a carico e/o alla circostanza di acquisto di immobile residenziale in Italia.

Sportivi professionisti

Agevolazione: Esenzione da imposta sui redditi del 50% dei redditi prodotti. Nessuna maggiorazione per figli a carico. Obbligo di versamento di un contributo dello 0,5%   commisurato alla base imponibile.

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Come anticipato, la normativa in argomento è stata oggetto di continue integrazioni, modifiche e ampliamenti: tale attività legislativa ha condotto ad “un corpus” di norme e regolamentazioni “tagliate su misura” per numerose ipotesi e che obbligano, comunque, ad una specifica valutazione di ogni concreta fattispecie.

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A margine dell’argomento, è da osservare che le norme agevolative del tipo di quelle sintetizzate nell’odierno “blog”, rilevanti dal punto di vista soggettivo e apparentemente  in contrasto con gli artt. 3, 23 e 54 della Carta Costituzionale, oltre ad avere limitata valenza temporale, assumono una funzione di “investimento” per il rafforzamento delle strutture socio-economiche del Paese: esse sono state ritenute dalla Corte Costituzionale “non irragionevoli e fondate su valutazioni di politica economica” (Corte Costituzionale 381/1989).

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Lo Studio, come sempre, rimane a disposizione per ogni eventuale approfondimento.

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DECRETO RILANCIO

Superbonus 110%

L’art. 119 del D.L. n. 34 del 19/05/2020, c.d. “Decreto Rilancio” prevede il potenziamento delle agevolazioni attualmente esistenti per determinati interventi volti al risparmio del consumo di energia e alla riduzione del rischio sismico.

Il così detto “Superbonus” consiste in una detrazione pari al 110%, ripartita in 5 anni, sulle spese sostenute nel periodo intercorrente tra il 1.07.2020 e il 31.12.2021 relativamente a interventi di riqualificazione energetica, riduzione rischio sismico, installazione impianti fotovoltaici e installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettici.

I beneficiari dell’agevolazione sono:

  • i condomìni, per interventi effettuati sulle parti comuni condominiali;
  • le persone fisiche (al di fuori dell’attività di impresa, arti o professioni) per interventi sulle singole unità immobiliari;
  • gli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per con­to dei Comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;
  • le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stes­se posseduti e assegnati in godimento ai propri soci.

Sembrerebbe che i soggetti IRES e IRPEF esercenti attività di impresa, arte, professione possano usufruire del “Superbonus” per interventi effettuati sulle parti comuni condominiali, in quanto la norma non fa riferimento ad alcuna esclusione. Si attendono però chiarimenti ufficiali in merito.

Rimangono invariati gli attuali incentivi previsti per gli immobili: recupero patrimonio edilizio (detrazione IRPEF 50%), riqualificazione energetica “ecobonus” (detrazione IRPEF/IRES 50% o 65% in base al tipo di intervento), bonus facciate (detrazione IRPEF/IRES 90%), bonus mobili ed elettrodomestici (detrazione IRPEF 50%), bonus verde (detrazione IRPEF 36%).

Interventi di riqualificazione energetica

In luogo all’ordinaria detrazione prevista per gli interventi di riqualificazione degli edifici, c.d. “ecobonus”, è possibile usufruire della detrazione del 110% ripartita in 5 anni per i seguenti interventi:

TIPOLOGIA DI SPESALIMITE DI SPESA
Interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali e orizzontali che interessano l’in­volucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda del­l’edificio medesimo€ 60.000,00 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio
Interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato della Commissione (UE) 18.2.2013 n. 811, a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, ovvero con impianti di microcogenerazione€ 30.000,00 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli interventi sulle parti comuni degli edifici
interventi sugli edifici unifamiliari per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria a pompa di calore, ivi inclusi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all’in­stal­la­zione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo, ovvero con impianti di microcogenerazione€ 30.000,00

L’aliquota del 110% si applica anche a tutti gli altri interventi di riqualificazione energetica di cui all’art. 14 del DL 63/2013 (ad esempio installazione di pannelli o schermature solari), nei limiti di spesa previsti per ciascun tipo intervento ed a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi sopraelencati.

Per poter beneficiare dell’agevolazione del 110%, gli interventi volti alla riqualificazione energetica devono assicurare, nel loro complesso, il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio, ovvero, ove non sia possibile, il conseguimento della classe energetica più alta da dimostrare mediante l’attestato di prestazione energetica (APE) ante e post intervento. Si attendono i decreti attuativi di prossima emanazione per ulteriori dettagli.

ATTENZIONE: il comma 10 dell’art. 119 D.L. n. 34/2020 specifica che non sono ammesse al beneficio in esame le spese di riqualificazione energetica sostenute da persone fisiche (al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti o professione) su singole unità immobiliari diverse da quelle adibite ad abitazione principale, escludendo quindi dal Superbonus gli interventi sulle singole unità immobiliari adibite a “seconde case”.

interventi ANTISISMICI

L’art. 119 c. 4 D.L. 34/2020 prevede l’innalzamento al 110% della detrazione spettante per tutti gli interventi che permettono di beneficiare del c.d. “sismabonus”.

Nel caso di cessione del credito del 110% ad una impresa di assicurazione con contestuale stipula di polizza che copre il rischio di eventi calamitosi, la detrazione IRPEF della stessa spetta nella misura del 90% anziché del 19% stabilito dall’art. 15 c. 1 lettera f-bis) TUIR.

IMPIANTI solari FOTOVOLTAICI

Il “superbonus” del 110% spetta, ai sensi dell’art. 119 c. 5 D.L. 34/2020, in luogo all’ordinaria detrazione IRPEF per gli interventi di recupero edilizio, anche alle spese sostenute per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici ai sensi dell’art. 1 co. 1 lett. a), b), c) e d) del DPR 412/93, se l’intervento è stato eseguito congiuntamente ad uno degli interventi di ri­qualificazione energetica o di riduzione rischio sismico che consentono di beneficiare della detrazione al 110% in 5 anni.

In questi casi il bonus 110% spetta fino ad un ammontare complessivo delle spese non superiore ad € 48.000 e comunque nel limite di spesa di € 2.400 per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico (il limite è ridotto ad € 1.600 per ogni kW di potenza nominale se sono eseguiti interventi di cui all’art. 3 c.1 lettere d), e) ed f) del DPR 380/2001 che consistono, rispettivamente, in interventi di ristrutturazione edilizia, interventi di nuova costruzione e interventi di ristrutturazione urbanistica).

La detrazione 110% è riconosciuta anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici per i quali è possibile usufruire del “superbonus” alle stesse condizioni, negli stessi limiti di importo e ammontare complessivo e comunque nel limite di spesa di euro 1.000 per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema di accumulo.

Il comma 7 dell’art. 119 D.L. 41/2020 specifica che l’agevolazione in esame è subordinata alla cessione in favore del GSE dell’energia non auto-consumata in sito e non è cumulabile con altri incentivi pubblici o altre forme di agevolazione di qualsiasi natura previste dalla normativa europea, nazionale e regionale, compresi i fondi di garanzia e di rotazione di cui all’art. 11 c. 4 D.L. 28/2011 e gli incentivi per lo scambio sul posto di cui all’art. 25-bis D.L. 91/2014

COLONNINE di ricarica dei veicoli elettrici

La detrazione, originariamente fissata al 50% (art. 16-ter D.L. 63/2013), per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici, è incrementata al 110% nel caso in cui sia stato eseguito congiuntamente un intervento di riqualificazione energetica che consente di beneficiare del “superbonus” 110%. Il limite massimo detraibile è pari ad € 3.000.

Cessione della detrazione e sconto sul corrispettivo

In alternativa alla detrazione IRPEF/IRES in dichiarazione, i soggetti che effettuano interventi di:

  • recupero del patrimonio edilizio (sia su parti comuni di edifici sia sulle singole unità abitative);
  •  efficienza energetica c.d. “Ecobonus” (compresi quelli per i quali spetta il “Superbonus” 110%);
  •  adozione di misure antisismiche c.d. “Sismabonus” (compresi quelli per i quali spetta il “Superbonus” 110%);
  • recupero o restauro della facciata degli edifici c.d. “bonus facciate”;
  • installazione di impianti fotovoltaici (compresi quelli per i quali spetta il “Superbonus” 110%);
  • installazione di colonnine per la ricarica di veicoli elettici (compresi quelli per i quali spetta il “Superbonus” 110%)

possono optare, ai sensi dell’art. 121 D.L. 34/2020 “Decreto Rilancio”:

  • per lo sconto in fattura, consistente in un contributo pari alla detrazione spettante, anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi e da quest’ultimo recuperato sotto forma di credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, inclusi banche e intermediari finanziari;

oppure

  • per la trasformazione della detrazione in credito d’imposta, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi banche e altri intermediari finanziari.

I crediti d’imposta vengono utilizzati in compensazione, con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. Le quote non utilizzate nell’anno non possono essere richieste a rimborso, ma possono essere usufruite negli anni successivi.

Ai fini della cessione o dello sconto in fattura, se sono stati effettuati interventi per i quali è possibile usufruire del “Superbonus” 110%, il contribuente deve richiedere:

  • per gli interventi di riqualificazione energetica l’asseverazione rilasciata dai tecnici abilitati;
  • per gli interventi antisismici l’asseverazione rilasciata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione lavori e collaudo statico, iscritti ai relativi Ordini o Collegi professionali di appartenenza.
  • il visto di conformità rilasciato alternativamente da:
  • iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali;
  • iscritti negli albi dei consulenti del lavoro;
  • iscritti, alla data del 30/09/1993,nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle CCIAA
  • responsabili all’assistenza fiscale.

Le spese sostenute per il rilascio della predetta documentazione possono beneficiare del Superbonus 110%.

I dati relativi all’opzione devono essere comunicati esclusivamente in via telematica in base a quanto previsto dal provvedimento attuativo dell’Agenzia Entrate di prossima emanazione.

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“ Rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative”

E’ questo il titolo dato all’art. 38 del DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34 , entrato in vigore il 19/05/2020: in un recente nostro blog abbiamo trattato delle “start up” innovative, evidenziando il potenziale e importante peso che tali imprese potranno avere nell’evoluzione economica e sociale del nostro Paese; l’aver inserito – da parte dell’attuale Governo – l’art. 38 nel D.L. 34/2020, pur nell’attuale limitatezza di risorse assegnate allo specifico settore delle “start up”, è un positivo segnale di voler creare un più favorevole “humus” per lo sviluppo di questi particolari tipi di impresa: attento favore viene rivolto alla “sollecitazione” ad investimenti da parte di privati, anche quale mezzo di diffusione della cultura di impresa e di diversificazione nell’ impiego di capitali.

Scorrendo l’articolato e denso contenuto del citato articolo rileviamo e sintetizziamo – qui di seguito – i principali provvedimenti assunti a favore delle start up innovative (trattandosi di Decreto Legge, la normativa potrà, lungo l’iter di sua conversione in Legge, essere oggetto di modifiche).

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Integrazione dei fondi per finanziamenti agevolati.

Agevolazioni a fondo perduto per l’acquisizione di servizi di assistenza tecnica e gestionale da parte delle start-up (da incubatori, acceleratori, centri di innovazione, tutor gestionali, specializzati nelle problematiche di sviluppo delle start-up). Le modalità e i limiti sono quelli dettati dalla normativa dell’U.E. in tema di “aiuti de minimis”.

– Sono assegnate ulteriori risorse al Fondo di sostegno al “ventur capital ”: tale fondo favorisce investimenti nel capitale delle start-up, mediante finanziamenti agevolati, sottoscrizione di quote societarie, obbligazioni convertibili o altre forme di finanziamento che ne prevedano il rimborso.

Le start-up vengono affiancate alle università e istituti di ricerca per “incentivare le attività di ricerca e sviluppo per fronteggiare l’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19”.

– Vengono prorogati di 12 mesi i tempi di permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese delle start-up innovative e quelli per l’accesso (e per eventuale revoca) a incentivi pubblici.

– Per favorire l’intervento di privati sarà detraibile, dall’imposta lorda IRPEF, “…un importo pari al 50% della somma investita…” nel capitale sociale di start-up o in fondi di investimento indirizzati a start up innovative, regolarmente iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese. L’importo massimo di investimento che godrà dell’agevolazione, per ogni periodo d’imposta, non potrà essere superiore a € 100.000 e mantenuto per almeno tre anni.

– Per cittadini stranieri che intendono investire- per almeno due anni- in “strumenti rappresentativi del capitale” di una società start-up innovativa, regolarmente iscritta alla competente Sezione del Registro delle Imprese, “…costituita e operante in Italia…”, l’importo minimo di investimento è stato ridotto a € 250.000. (Altri i limiti per gli investimenti in titoli di stato emessi dal Governo Italiano o in titoli partecipativi di altre forme societarie non “innovative”).

Per lo sviluppo dell’intrattenimento digitale viene istituito un apposito fondo – denominato “First Playable Fund”- teso a sostenere la realizzazione di prototipi di “videogames”: è previsto un contributo a fondo perduto, nel limite del 50% delle spese ammissibili sostenute tra 10.000 e 200.000 euro. A tale agevolazione sono ammesse imprese che abbiano sede legale nello Spazio Economico Europeo e rispondano a precisi requisiti di assoggettabilità a tassazione, di capitale minimo e di oggetto sociale.

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Queste, in estrema sintesi, le ulteriori agevolazioni – pur limitate nelle attuali disponibilità finanziarie – fin qui riconosciute alle start-up innovative dal decreto legge 34/2020.

Da non dimenticare, nel contesto di “nuova economia”, la normativa vigente a favore degli Italiani non residenti in territorio nazionale e che intendono rientrare in Italia: di tale importante argomento tratteremo in un prossimo “Blog”.

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Per ogni specifico approfondimento, lo Studio rimane a disposizione dei lettori di questo blog che volessero intraprendere una nuova iniziativa imprenditoriale indirizzata a nuove e promettenti frontiere di sviluppo sociale ed economico della nostra Nazione.

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La Tassazione delle rendite corrisposte a lavoratori Italiani (transfrontalieri) per attività di lavoro prestata in Svizzera

Primo pilastro: AVS (Assicurazione per la Vecchiaia e i Superstiti)

Secondo pilastro: LPP (Previdenza Professionale)

Terzo pilastro: Previdenza individuale (a Carattere Assicurativo)

Per i cittadini italiani residenti in territorio nazionale  che prestano ( o hanno prestato) la propria attività lavorativa nella Confederazione Elvetica, il sistema previdenziale svizzero prevede l’accesso a tre fondamentali istituti giuridici : l’Assicurazione per la Vecchiaia e i Superstiti (AVS denominata Primo Pilastro)   e la Previdenza Professionale (LPP – Secondo Pilastro) entrambi di Carattere obbligatorio, a cui si aggiunge  la Previdenza individuale (Terzo Pilastro), di carattere assicurativo e volontario.

Per i primi due “Pilastri”, con riferimento ai soggetti beneficiari che hanno residenza nel nostro territorio nazionale e riscuotono le relative rendite tramite istituti bancari e altri istituti finanziari, entrambi residenti, è previsto un prelievo fiscale del 5%, a titolo di imposta sostitutiva dell’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF).

La ritenuta viene effettuata dallo stesso istituto finanziario che cura il pagamento al percettore della rendita.

Nel caso di rendita derivante da Previdenza Individuale (Terzo pilastro) la nostra legislazione, all’art. 17 del TUIRR (Testo Unico Imposte sul Reddito) prevede   una particolare forma di imposizione ai fini IRPEF denominata “tassazione separata” che esclude tale rendita dalla formazione del “reddito complessivo”.

Torniamo ai due primi “pilastri”:

Dopo alterne vicissitudini, sia di normativa interna che di accordi tra Paesi, un primo “punto fermo” riguardo i criteri di tassazione nazionale di rendite da AVS e LPP è contenuto nell’art. 76 della legge n. 413/91 il quale – nella sua attuale formulazione – prevede:

  • Al comma 1 che “le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d’imposta, per il cui tramite l’AVS Svizzera le eroga ai beneficiari in Italia”.
  • Al comma 1-bis che “la ritenuta di cui al comma 1 è applicata dagli intermediari finanziari italiani che intervengono nel pagamento anche sulle somme corrisposte in Italia da parte della gestione della previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità svizzera (LPP), ivi comprese le prestazioni erogate dagli enti o istituti svizzeri di prepensionamento, maturate sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera e in qualunque forma erogate”.

Nel contesto, viene citato anche l’accordo Italo- Svizzero del 3 ottobre 1974 e per il quale “… le rendite…non formano più oggetto di denuncia fiscale in Italia…”

Secondo la restrittiva lettura che- nel tempo e con vari interventi – fa di tale norma l’Autorità Fiscale Italiana, soltanto la riscossione attuata tramite istituti finanziari residenti consentirebbe l’applicabilità della tassazione sostitutiva del 5%, con una ulteriore specificazione: mentre per le rendite corrisposte per AVS gli istituti italiani abilitati sarebbero soltanto quelli previsti dalla convenzione tra Italia e Svizzera del 1974, e agirebbero quali “sostituti di imposta” ( con obbligo di effettuare la ritenuta),nel caso delle rendite da LPP il pagamento potrebbe essere effettuato anche tramite altri istituti finanziari, che – insieme a quelli citati in convenzione- non assumerebbero lo “status” di sostituti di imposta e applicherebbero la ritenuta a titolo d’imposta soltanto su espresso mandato del beneficiario interessato, il quale- peraltro – dovrebbe fornire ogni dato per la determinazione della “base imponibile”.

 E se il pagamento fosse effettuato su un conto corrente legittimamente detenuto dal beneficiario      presso un istituto svizzero o, prima di essere “canalizzato” su un istituto finanziario in Italia, transitasse su un conto provvisorio svizzero di “libero passaggio”?

 O, se ancora, per le rendite LPP l’istituto finanziario residente, in assenza di mandato da parte del beneficiario, non avesse operato la ritenuta non ritenendosi “sostituto d’imposta?

Con molteplici e anche recentissimi interventi (Consulenza giuridica fornita all’ABI -risposta n. 2 del 20/02/2020 RISOLUZIONE N. 3/E –27 gennaio 2020) il Ministero delle Finanze prima ed oggi l’Agenzia delle Entrate hanno confermato la propria posizione, ritenendo che possono godere della tassazione sostitutiva del 5% (con le esposte differenti modalità tra rendite AVS e rendite LPP) soltanto le rendite direttamente pagate presso istituti finanziari italiani.

 Da ultimo, a seguito di una interrogazione parlamentare del 5 febbraio u.s., è stato affermata l’esistenza di un vuoto legislativo che non consentirebbe l’applicabilità dell’imposta sostitutiva sulle rendite non erogate direttamente attraverso istituti finanziari residenti in Italia.

Unici momenti “istituzionali”, che hanno ammesso l’applicazione della ritenuta di cui è argomento anche alle rendite non riscosse direttamente in Italia, sono stati quelli espressi nelle seguenti occasioni:

a) Circolare Agenzia delle Entrate 30/E-11/08/2015 (in relazione alla normativa sulla “collaborazione volontaria” e al trattamento fiscale applicabile alle rendite del tipo AVS)

“…al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita, si ritiene che… l’imponibile debba essere comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5 percento… Ciò in quanto l’assoggettamento ad imposizione ordinaria costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso reddito e non su una differenza di capacità contributiva.

Parere fatto proprio dal legislatore con il D.L. del 30 settembre 2015, sempre in tema di “collaborazione volontaria” (legge 15 dicembre 2014, n.186) “…Ai soli fini della collaborazione volontaria…l’ammontare di tutte le prestazioni corrisposte dalla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità Svizzera (LPP), in qualunque forma erogate, sono assoggettate, ai fini delle imposte dirette, su istanza del contribuente, all’aliquota del 5 percento”.

b) risposta   all’interpello proposto alla Direzione Regionale della Lombardia del 20.02.2019, con

 il quale un contribuente proponeva un caso di riscossione in unica soluzione LPP (al netto delle ritenute alla fonte subite) e con somma accreditata su un conto corrente svizzero.

La citata Direzione, nel dare parere favorevole all’applicabilità della tassazione sostitutiva e nel fornire le istruzioni circa le relative modalità dichiarative, motivava il proprio parere con la evidente finalità di “… evitare una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita…”

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Questo lo “stato dell’arte” che ci pone la questione su cui dibattere: possono, redditi della medesima natura, essere sottoposti a differenti tassazioni,soltanto in relazione “…alle sole modalità di incasso della rendita… e non su una differenza di capacità contributiva.” ?

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CONVENZIONE CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI ITALIA – OLANDA > 2_ “AZIENDE E STABILE ORGANIZZAZIONE”

Navigando tra le problematiche legate all’individuazione del Paese che abbia diritto ad applicare una determinata tassazione, una si pone quale fondamentale : la definizione del concetto di “Stabile Organizzazione”; compito ancora più laborioso e complesso, oggi rispetto al passato, in conseguenza della enorme “velocità” di operatività internazionale e intercontinentale che le imprese hanno acquisito, investendo e “ragionando” non più in termini di “area paese” bensì di “aree continentali” e tramite strumenti di “comunicazione” e di “trasferimento di ricchezza” in tempo reale.

Con il termine STABILE ORGANIZZAZIONE si definisce il principio dii diritto tributario che riconosce, ad un determinato Stato, il diritto di imposizione tributaria sul reddito   prodotto da un’attività economica, condotta sul suo territorio, da un soggetto residente in altro Stato, con l’utilizzo di una struttura fissa e continuativa nel tempo e da lui dipendente.

Tale è anche il concetto proposto dall’OCSE, all’art. 5 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni; peraltro l’attività del citato organismo sovranazionale è tesa costantemente a “modellare” i propri indirizzi alle mutevoli evoluzioni del sistema economico-politico internazionale.

Nella legislazione tributaria italiana, per quanto riguarda l’imposizione diretta sul reddito, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIRR – dpr 917/86) all’art.162, così accoglie la nozione di “stabile organizzazione”: “…l’espressione…designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.”

Cogliamo il richiamo che ci dà la lettura del primo e dell’ultimo comma dell’art. 4 (Residenti) della convenzione contro le doppie imposizioni, corrente tra il nostro Paese e i Paesi Bassi (Olanda) e che abbiamo assunto quale primo riferimento per i nostri “blog” sui rapporti fiscali internazionali, con iniziale approccio ai Paesi dell’Unione Europea.

Affermano infatti i citati commi che “…l’espressione «residente di uno degli Stati» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga prosegue poi con “…Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato o per il patrimonio ivi situato…” per concludere che “…quando una persona diversa da persona fisica è residente di entrambi gli Stati, si ritiene che essa è residente dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva…” 

L’espressione “sede della… direzione effettiva” viene concettualmente ripresa dal successivo art. 5 che definisce cosa sia una Stabile organizzazione”:

1. Ai fini della presente Convenzione, l’espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

2. L’espressione «stabile organizzazione» comprende in particolare:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali;

g) un cantiere di costruzione o di montaggio la cui durata oltrepassa i dodici mesi.

Ponendo poi le seguenti specificazioni di esclusione:

3.Non si considera che vi sia una «stabile organizzazione» se:

a) si fa uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di merci appartenenti alla impresa;

b) le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare merci o di raccogliere informazioni per la impresa;

e) una sede fissa di affari è utilizzata, per l’impresa, ai soli fini di pubblicità, di fornire informazioni, di ricerche scientifiche o di attività analoghe che abbiano carattere preparatorio o ausiliario.

4. Una persona che agisce in uno degli Stati per conto di un’impresa dell’altro Stato – diversa da un agente che goda di uno status indipendente, di cui al paragrafo 5 – è considerata «stabile organizzazione» nel primo Stato se dispone nello Stato stesso di poteri che esercita abitualmente e che le permettano di concludere contratti a nome dell’impresa, salvo il caso in cui l’attività di detta persona sia limitata all’acquisto di merci per l’impresa.

5. Non si considera che un’impresa di uno degli Stati ha una stabile organizzazione nell’altro Stato per il solo fatto che essa vi esercita la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività.

6. Il fatto che una società residente di uno degli Stati controlli o sia controllata da una società residente dell’altro Stato ovvero svolga la sua attività in questo altro Stato (sia per mezzo di una stabile organizzazione oppure no) non costituisce di per sé motivo sufficiente per far considerare una qualsiasi delle dette società una stabile organizzazione dell’altra.

Dunque, il dover stabilire a quale, degli Stati interessati, vada attribuita la potestà impositiva comporta un preventivo esame di una specifica situazione di fatto e di diritto.

Con particolare riferimento agli ultimi tre commi (4.5.6) della Convenzione, la legislazione italiana – in tema della dovuta indipendenza del soggetto terzo il quale “opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente” – prevede, al “rinnovato” art. 162 comma 7-bis del TUIRR (dpr 917/86) – che

“… Ai soli fini del presente articolo, un soggetto è strettamente correlato ad un’impresa se, tenuto conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti, l’uno ha il controllo dell’altra ovvero entrambi sono controllati da uno stesso soggetto. In ogni caso, un soggetto è considerato strettamente correlato ad un’impresa se l’uno possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento della partecipazione dell’altra o, nel caso di una società, più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale, o se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per più del 50 per cento della partecipazione, o, nel caso di una società, per più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale.”

Sotto il profilo IVA (imposta c.d. “armonizzata” in ambito U.E.). la stabile organizzazione è così definita dall’art. 11 del regolamento comunitario n. 282/2011, c.d. regolamento d’esecuzione “…la stabile organizzazione presuppone l’impiego di risorse umane e materiali, non essendo sufficiente la mera presenza di impianti e macchinari sul territorio di uno Stato”.

A tal proposito, di particolare interesse la recentissima sentenza della Corte di giustizia 7.5.2020 n. C-547/18.

L’ordinamento nazionale italiano, in ordine all’ imposta sulle persone fisiche (IRPEF) – all’art. 2 del TUIRR prevede (in linea di principio generale e fatte salve le convenzioni con altri Stati N.d.R.) che “…soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato…” e per quanto ha riguardo alla tassazione diretta degli enti collettivi, prevede – all’art. 73 – 1° c – del TUIRR – l’assoggettamento a tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato da non residenti “…Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:…le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato…”  

Il citato TUIRR, con i successivi seguenti articoli:

 151 dà la nozione di reddito complessivo delle società ed enti non residenti

152 definisce la nozione di reddito di società ed enti commerciali non residenti derivante da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione

 153 definisce il criterio di determinazione del reddito degli enti non commerciali non residenti.

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Se di interesse ci soffermeremo, con prossimi “focus”,  su particolari aspetti del vasto campo della fiscalità internazionale : restiamo sempre e comunque a disposizione per eventuali approfondimenti.

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CONVENZIONE CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI ITALIA – OLANDA > 1_”RESIDENZA DELLE PERSONE FISICHE”

CONVENZIONE TRA LA REPUBBLICA ITALIANA ED IL REGNO DEI PAESI BASSI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO E SUL PATRIMONIO E PER PREVENIRE L’EVASIONE FISCALE

1)   RESIDENZA DELLE PERSONE FISICHE

Si è fatto cenno, nel contesto di alcuni precedenti interventi nel nostro Blog, a   principi fondamentali di Scienza delle Finanze e di Diritto Tributario (pur con le relative, talvolta necessarie, eccezioni dettate da scelte di politica economica e relazioni internazionali).

Questi i “fondamenti” dei moderni sistemi tributari per quanto riguarda l’imposizione “diretta”:

–  universalità della imposizione diretta personale sul reddito (oggetto di commisurazione del prelievo impositivo è il reddito complessivo del soggetto di imposta, da qualsivoglia fonte e luogo le sue componenti provengano); imposizione da esercitare da parte dello Stato nel cui territorio ha stabile residenza il soggetto interessato.

– tassazione del reddito nel territorio in cui esso è prodotto e da cui trae le proprie ragioni;

divieto di doppia (o plurima) imposizione, con applicazione della stessa imposta, su redditi che derivino dallo stesso presupposto, anche nei confronti di soggetti diversi;

competenza del Paese di appartenenza del contribuente ad effettuare il procedimento di tassazione a carico del proprio cittadino.

Tali principi, apparentemente conciliabili tra loro all’interno del Territorio di uno Stato, diventano inapplicabili congiuntamente allorquando il soggetto contribuente svolga l’attività economica e/o la propria vita di relazione   in uno o più Stati diversi dal suo di origine.

A tal fine, per evitare le citate doppie tassazioni e determinare la competenza alla potestà impositiva tra diversi Stati nonché la sua estensione, è consolidata prassi diplomatica internazionale provvedere alla stipula, tra gli Stati, di apposite “convenzioni”, supportate da opportuni accordi amministrativi che regolano l’effettuazione di scambi di informazioni e parallele verifiche (anche ai fini di prevenzione dell’evasione fiscale).

Enti sovranazionali, quali l’OCSE (L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e l’ONU (Organizzazione Nazioni Unite) hanno predisposto schemi di Convenzione a cui fare riferimento.

In Italia, le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni entrano a far parte dell’ordinamento giuridico con l’atto di ratifica da parte del Parlamento, ratifica attuata mediante legge ordinaria che dia compiuta esecuzione al trattato.
L’abituale attività professionale di Studio, legata- sempre più incisivamente – anche all’internazionalizzazione delle imprese  e allo specifico campo  della fiscalità internazionale,    ci offre oggi  l’occasione di analizzare, con brevi “focus”, la Convenzione stipulata tra il nostro Governo e il Governo del Regno dei Paesi Bassi (Olanda), con particolare riguardo – in questo iniziale intervento – all’imposizione diretta sul reddito delle persone fisiche .

In un nostro precedente scritto (Beni materiali immateriali, diritti e investimenti finanziari all’Estero: obblighi di dichiarazione) abbiamo posto preliminare attenzione al concetto di residenza fiscale considerando che :  “generalmente, per i soggetti destinatari dell’obbligo, la residenza fiscale coincide con la residenza anagrafica o con il domicilio, nel caso in cui si sia scelto, per l’esercizio della propria attività, in luogo diverso dalla residenza…Plurime, invece, le considerazioni da svolgere – caso per caso – quando il soggetto interessato svolga la sua attività   In Paesi diversi dal proprio.”

In tale ottica, anche la Convenzione di cui scriviamo pone diversi criteri per l’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente.

Infatti, all’art. 4 , nel definire il concetto di “residente in uno degli Stati (Italia o Olanda), così si esprime: Ai fini della presente Convenzione, l’espressione «residente di uno degli Stati» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga…” prescindendo in ciò (per l’Italia) dall’ eventuale iscrizione anagrafica in un Comune del territorio nazionale o dall’ iscrizione all’Aire (Albo degli Italiani residenti all’Estero), potendo comunque essere ritenuta residenza fiscale quella in cui venga esercitata la propria attività economica o, alternativamente, il luogo ove- di fatto-  sia posto il centro degli interessi sociali e affettivi.

La Convenzione in argomento, così disciplina i casi in cui “una persona fisica” sia residente in entrambi gli Stati:

a) detta persona è considerata residente dello Stato nel quale ha un’abitazione permanente; se essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, è considerata residente dello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);

b) se non si può determinare lo Stato nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati, essa è considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente;

c) se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato del quale ha la nazionalità;

d) se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati, o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati risolvono la questione di comune accordo.

Per inciso, diverso il caso che riguarda società o altri enti collettivi: infatti” … quando una persona diversa da persona fisica è residente di entrambi gli Stati, si ritiene che essa è residente dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva.”

Interrompiamo qui questo nostro primo intervento, ripromettendoci di continuare a illustrare, con successivi “focus”, l’importante settore dei rapporti di lavoro transnazionali, delle attività imprenditoriali internazionali e della correlata fiscalità.

Lo Studio rimane a disposizione per ogni eventuale approfondimento di specifici casi.

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Incentivi messa in sicurezza ed acquisto dispositivi protezione individuale

Il decreto “Cura Italia” – D.L. 18/2020 – entrato in vigore lo scorso 17 marzo, prevede la possibilità di usufruire di incentivi per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, guanti, occhiali, copri scarpe ecc..

In particolare l’articolo nell’art. 43 D.L. “Cura Italia” recita: “Allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese, a seguito dell’emergenza sanitaria coronavirus, l’Inail provvede entro il 30 aprile 2020 a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale […]”.

Nei giorni scorsi Invitalia ha pubblicato sul suo sito internet il bando Impresa Sicura, finalizzato al rimborso pari al 100% delle spese sostenute dalle aziende, nel periodo intercorrente tra il 17 marzo e la data di presentazione della domanda, per l’acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale utilizzati per il contrasto e il contenimento del COVID-19. L’importo massimo rimborsabile è di € 500 per ogni addetto, fino ad un massimo di € 150.000 per impresa, mentre l’importo minimo è pari ad € 500. La dotazione finanziaria disponibile ammonta complessivamente ad € 50 milioni.

Possono partecipare tutte le imprese attive (non in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali) iscritte regolarmente al Registro Imprese con sede principale o secondaria in Italia, registrandosi nell’area riservata del portale dedicato. Per la compilazione e invio della domanda è necessario registrarsi sul sito internet dedicato ed essere in possesso di firma digitale intestata al titolare/legale rappresentante

Per informazioni più dettagliate vi consigliamo di visionare il sito internet dedicato https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/emergenza-coronavirus/impresa-sicura e copia del bando allegato alla presente.

Un ulteriore incentivo è previsto dall’articolo 64 D.L. “Cura Italia”: “Allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta […].”. Il “Decreto Liquidità” – D.L. 23/2020 – ha ulteriormente ampliato l’agevolazione includendo anche l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.

Ad oggi, nonostante siano passati più di 30 giorni, il sopra citato Decreto non è stato ancora pubblicato, quindi non si hanno ancora informazioni concrete sulle tempistiche e sulle modalità di fruizione del credito.

Lo Studio rimane a disposizione per eventuali chiarimenti.

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RW – Obblighi di dichiarazione – “Beni materiali immateriali, diritti e investimenti finanziari all’Estero”

Il decreto legge n. 167 del 28.6.1990 (Legge 4.8.1990 n. 227) ha introdotto l’obbligo, per i contribuenti residenti nel territorio nazionale, della indicazione – in apposito modello di dichiarazione – indicato con la sigla RW- da presentare unitamente al mod. unico di dichiarazione annuale dei redditi, di indicare eventuali investimenti o attività finanziarie detenute all’estero e i connessi trasferimenti.

Più specificatamente, l’art.4 – 1° e 2° comma – del citato D.L., così recita:

1.“Le persone fisiche, gli enti non commerciali, nonché’ i soggetti indicati nell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, devono indicarli nella relativa dichiarazione dei redditi.

2.”Nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria. Tale obbligo sussiste anche nel caso in cui al termine del periodo di imposta i soggetti non detengono investimenti e attività finanziarie della specie.

Sono dunque soggetti interessati: le persone fisiche, gli enti non commerciali (no profit), le società semplici e i soggetti assimilati a quest’ultime, cioè le società di fatto che non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali, nonché le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni e gli esercenti attività di lavoro autonomo anche per le operazioni relative all’attività professionale.

Preliminare attenzione è da porre al concetto di residenza (fiscale) in Italia: generalmente, per i soggetti destinatari dell’obbligo, la residenza fiscale coincide con la residenza anagrafica o con il domicilio, nel caso in cui si sia scelto, per l’esercizio della propria attività, in luogo diverso dalla residenza.

Plurime, invece, le considerazioni da svolgere – caso per caso – quando il soggetto interessato svolga la sua attività   In Paesi diversi dal proprio, la sua permanenza all’Estero si protragga per una determinata frazione d’anno, e abbia posto il “centro” dei suoi interessi professionali e quello degli interessi di carattere patrimoniale e familiare in luoghi diversi tra loro.

Da rilevare che, soggetto all’obbligo dichiarativo, non è soltanto l’intestatario “giuridico” dei beni o delle attività, ma anche chi ha i poteri di disporre di fatto e movimentare attività finanziarie di terzi.

Dovrà anche essere indicata, in apposita sezione, la presenza dell’eventuale titolare effettivo degli investimenti esteri, con evidenza se tale titolarità derivi da una partecipazione qualificata in società avente sede in un Paese “collaborativo” (White list) o “non collaborativo” (Black list).

Soggetto interessato anche il trust con sede in Italia, quale soggetto non commerciale: l’onere dichiarativo è in capo al trustee, oltre che ai beneficiari effettivi.

Il quadro RW oltre che al citato monitoraggio della “ricchezza” di residenti nazionali è finalizzato anche alla quantificazione di due  specifici tributi di natura patrimoniale:  l’IVIE (Imposta sugli immobili detenuti all’estero) e IVAFE (Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero) : potrà accadere che in alcuni casi di esonero dal “monitoraggio” (per rare situazioni e per modestissimi  patrimoni), sarà comunque dovuta la presentazione del modello RW per il versamento delle due imposte.

Tra le attività patrimoniali all’estero elenchiamo, ancorché non in via esaustiva:

– immobili e/o diritti reali su tali beni;

– automezzi e mezzi navali registrati all’estero;  

–  oggetti di antiquariato, gioielli e altri oggetti preziosi, quadri e altre opere d’arte;

– ogni altro bene, materiale, o immateriale, o diritti su di essi.

Tra le attività finanziarie:

– conti correnti bancari e altre forme di deposito;

– quote di partecipazione in società estere e relativi diritti;

– titoli pubblici, obbligazioni e similari emessi da soggetti esteri;

– cassette di sicurezza (e loro contenuto) depositate all’estero;

– adesione a forme di previdenza volontaria;

– polizze di assicurazione;

– qualsiasi altra forma di investimento, detenzione o diritto di natura finanziaria.

Negli ultimi anni, un particolare rilievo, tra i mezzi di pagamento e gli investimenti finanziari, hanno assunto quelli “virtuali” legati a particolari forme di “monetizzazione” che vengono chiamate “criptovalute”: si tratta di valori monetari “immateriali” non emessi – né controllati o garantiti- da alcuna autorità statale o sovranazionale, che circolano esclusivamente per via telematica e sotto crittografia.

A prescindere da alcun giudizio che si possa esprimere su tale fenomeno, per quanto di interesse al presente intervento, è da evidenziare che l’eventuale possesso, quale mezzo di pagamento volontario o quale investimento, di criptovaluta (Bitcoin, Armony, Electrum, etc.) – secondo parere dell’Agenzia delle Entrate (condiviso anche dal Tar del Lazio con recente sentenza 1077 del 2020) – rileva ai fini della redazione del modulo RW.

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Abbiamo cercato, in queste brevi note, di dare una prima informazione di massima sul delicato e composito argomento trattato, ricco, più di altri, di numerose “sfaccettature”: restiamo a disposizione per ogni particolare approfondimento che vorrete proporci.

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