SVILUPPO del PAESE AGEVOLAZIONI PER IL RIENTRO DI CITTADINI DALL’ESTERO – MAGGIORI INCENTIVI

Ulteriore normativa introdotta nel nostro ordinamento per favorire lo Sviluppo Economico-Sociale e Culturale del Paese, oltre a quella relativa alle “Start Up innovative” (cfr. nostro precedente Blog), di altrettanta importanza è quella che incentiva il rientro in Italia di lavoratori all’Estero.

Un primo provvedimento al riguardo, rivolto alle figure accademiche di “RICERCATORI”, fu emanato nell’anno 2003, con il decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003.

Nel tempo, con legge del 2010 (n. 238 del 30.12.2010) fu emanata una più larga norma di incentivazione al rientro in Italia dei c.d. “ cervelli in fuga”, proposito esplicitato nello stesso art. 1 del provvedimento in esame: “…La presente legge intende contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate da cittadini dell’Unione europea… che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia, che studiano, lavorano o che hanno conseguito una specializzazione post lauream all’estero e che decidono di fare rientro in Italia”.

Il successivo art. 2   individua i beneficiari delle agevolazioni nei “…cittadini dell’Unione europea

 in possesso di un titolo di laurea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più…”

Tale normativa costituisce il nucleo d’origine di un assetto di successive norme, rivolte anche ai cittadini di altri Paesi della Comunità Europea, succedutesi nel tempo e tendenti allo sviluppo economico e culturale del nostro Paese, mediante anche l’acquisizione (e il rientro in Italia) di “capitale umano” che abbia maturato significative e qualificate esperienze al di fuori del proprio Paese di origine.

Giungiamo così al D.L. 34 del 30 aprile 2019 (Decreto Crescita 2019) che rivede ed amplia, con decorrenza dal 2020, le previsioni di favore per i c.d. “impatriati” e degli “accademici” nonché al Decreto Fiscale 2020 (L. 19.12.2019) che anticipa in parte, all’anno 2019, le norme di favore in argomento.

Quali i requisiti dei soggetti interessati e i benefici fiscali oggi previsti?

All’inizio del nuovo anno 2020, lo “stato dell’arte”, per ciascuna categoria di potenziali interessati, si può sintetizzare come segue.

Requisiti dei soggetti beneficiari e agevolazioni

Residenza: precedente iscrizione all’AIRE per il periodo di permanenza all’estero e nuova iscrizione in Italia.

Ove manchi l’iscrizione all’AIRE, è necessario che ci sia la stata la residenza fiscale in un Paese Estero con il quale l’Italia abbia una “Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi”;

in ogni caso deve sussistere la condizione di cui all’art. 2 del Dpr n. 917/1986 -Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), per il quale, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.

 c.d. “Lavoratori impatriati”: Titolo di studio Laurea o specializzazione “dopo laurea” – Attività all’estero (lavoro o Studio) ultimi 24 mesi – impegno alla permanenza almeno biennale in Italia, per svolgere attività di lavoro autonomo, lavoro dipendente e assimilato.

Imprenditori che intendono avviare un’attività d’impresa in Italia.

Agevolazione:

Esenzione da imposta sui redditi del 70% dei redditi derivanti da lavoro dipendente o assimilato, lavoro autonomo, esercizio d’ impresa. L’esenzione è aumentata al 90% in caso di trasferimento in regioni del Sud Italia.

Durata del beneficio: periodo di 5 anni, incrementabile – con riduzione del beneficio- in relazione

al numero di figli a carico e/o alla circostanza di acquisto di immobile residenziale in Italia.

Accademici (Docenti e Ricercatori)

Agevolazione: esenzione da imposta sui redditi del 90% dei redditi derivanti da lavoro dipendente o assimilato, lavoro autonomo.

Durata del beneficio: l’anno di trasferimento e i successivi 5 anni, incrementabile in relazione al numero dei figli a carico e/o alla circostanza di acquisto di immobile residenziale in Italia.

Sportivi professionisti

Agevolazione: Esenzione da imposta sui redditi del 50% dei redditi prodotti. Nessuna maggiorazione per figli a carico. Obbligo di versamento di un contributo dello 0,5%   commisurato alla base imponibile.

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Come anticipato, la normativa in argomento è stata oggetto di continue integrazioni, modifiche e ampliamenti: tale attività legislativa ha condotto ad “un corpus” di norme e regolamentazioni “tagliate su misura” per numerose ipotesi e che obbligano, comunque, ad una specifica valutazione di ogni concreta fattispecie.

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A margine dell’argomento, è da osservare che le norme agevolative del tipo di quelle sintetizzate nell’odierno “blog”, rilevanti dal punto di vista soggettivo e apparentemente  in contrasto con gli artt. 3, 23 e 54 della Carta Costituzionale, oltre ad avere limitata valenza temporale, assumono una funzione di “investimento” per il rafforzamento delle strutture socio-economiche del Paese: esse sono state ritenute dalla Corte Costituzionale “non irragionevoli e fondate su valutazioni di politica economica” (Corte Costituzionale 381/1989).

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Lo Studio, come sempre, rimane a disposizione per ogni eventuale approfondimento.

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“ Rafforzamento dell’ecosistema delle start-up innovative”

E’ questo il titolo dato all’art. 38 del DECRETO-LEGGE 19 maggio 2020, n. 34 , entrato in vigore il 19/05/2020: in un recente nostro blog abbiamo trattato delle “start up” innovative, evidenziando il potenziale e importante peso che tali imprese potranno avere nell’evoluzione economica e sociale del nostro Paese; l’aver inserito – da parte dell’attuale Governo – l’art. 38 nel D.L. 34/2020, pur nell’attuale limitatezza di risorse assegnate allo specifico settore delle “start up”, è un positivo segnale di voler creare un più favorevole “humus” per lo sviluppo di questi particolari tipi di impresa: attento favore viene rivolto alla “sollecitazione” ad investimenti da parte di privati, anche quale mezzo di diffusione della cultura di impresa e di diversificazione nell’ impiego di capitali.

Scorrendo l’articolato e denso contenuto del citato articolo rileviamo e sintetizziamo – qui di seguito – i principali provvedimenti assunti a favore delle start up innovative (trattandosi di Decreto Legge, la normativa potrà, lungo l’iter di sua conversione in Legge, essere oggetto di modifiche).

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Integrazione dei fondi per finanziamenti agevolati.

Agevolazioni a fondo perduto per l’acquisizione di servizi di assistenza tecnica e gestionale da parte delle start-up (da incubatori, acceleratori, centri di innovazione, tutor gestionali, specializzati nelle problematiche di sviluppo delle start-up). Le modalità e i limiti sono quelli dettati dalla normativa dell’U.E. in tema di “aiuti de minimis”.

– Sono assegnate ulteriori risorse al Fondo di sostegno al “ventur capital ”: tale fondo favorisce investimenti nel capitale delle start-up, mediante finanziamenti agevolati, sottoscrizione di quote societarie, obbligazioni convertibili o altre forme di finanziamento che ne prevedano il rimborso.

Le start-up vengono affiancate alle università e istituti di ricerca per “incentivare le attività di ricerca e sviluppo per fronteggiare l’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19”.

– Vengono prorogati di 12 mesi i tempi di permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese delle start-up innovative e quelli per l’accesso (e per eventuale revoca) a incentivi pubblici.

– Per favorire l’intervento di privati sarà detraibile, dall’imposta lorda IRPEF, “…un importo pari al 50% della somma investita…” nel capitale sociale di start-up o in fondi di investimento indirizzati a start up innovative, regolarmente iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese. L’importo massimo di investimento che godrà dell’agevolazione, per ogni periodo d’imposta, non potrà essere superiore a € 100.000 e mantenuto per almeno tre anni.

– Per cittadini stranieri che intendono investire- per almeno due anni- in “strumenti rappresentativi del capitale” di una società start-up innovativa, regolarmente iscritta alla competente Sezione del Registro delle Imprese, “…costituita e operante in Italia…”, l’importo minimo di investimento è stato ridotto a € 250.000. (Altri i limiti per gli investimenti in titoli di stato emessi dal Governo Italiano o in titoli partecipativi di altre forme societarie non “innovative”).

Per lo sviluppo dell’intrattenimento digitale viene istituito un apposito fondo – denominato “First Playable Fund”- teso a sostenere la realizzazione di prototipi di “videogames”: è previsto un contributo a fondo perduto, nel limite del 50% delle spese ammissibili sostenute tra 10.000 e 200.000 euro. A tale agevolazione sono ammesse imprese che abbiano sede legale nello Spazio Economico Europeo e rispondano a precisi requisiti di assoggettabilità a tassazione, di capitale minimo e di oggetto sociale.

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Queste, in estrema sintesi, le ulteriori agevolazioni – pur limitate nelle attuali disponibilità finanziarie – fin qui riconosciute alle start-up innovative dal decreto legge 34/2020.

Da non dimenticare, nel contesto di “nuova economia”, la normativa vigente a favore degli Italiani non residenti in territorio nazionale e che intendono rientrare in Italia: di tale importante argomento tratteremo in un prossimo “Blog”.

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Per ogni specifico approfondimento, lo Studio rimane a disposizione dei lettori di questo blog che volessero intraprendere una nuova iniziativa imprenditoriale indirizzata a nuove e promettenti frontiere di sviluppo sociale ed economico della nostra Nazione.

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Incentivi messa in sicurezza ed acquisto dispositivi protezione individuale

Il decreto “Cura Italia” – D.L. 18/2020 – entrato in vigore lo scorso 17 marzo, prevede la possibilità di usufruire di incentivi per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, guanti, occhiali, copri scarpe ecc..

In particolare l’articolo nell’art. 43 D.L. “Cura Italia” recita: “Allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese, a seguito dell’emergenza sanitaria coronavirus, l’Inail provvede entro il 30 aprile 2020 a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale […]”.

Nei giorni scorsi Invitalia ha pubblicato sul suo sito internet il bando Impresa Sicura, finalizzato al rimborso pari al 100% delle spese sostenute dalle aziende, nel periodo intercorrente tra il 17 marzo e la data di presentazione della domanda, per l’acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale utilizzati per il contrasto e il contenimento del COVID-19. L’importo massimo rimborsabile è di € 500 per ogni addetto, fino ad un massimo di € 150.000 per impresa, mentre l’importo minimo è pari ad € 500. La dotazione finanziaria disponibile ammonta complessivamente ad € 50 milioni.

Possono partecipare tutte le imprese attive (non in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali) iscritte regolarmente al Registro Imprese con sede principale o secondaria in Italia, registrandosi nell’area riservata del portale dedicato. Per la compilazione e invio della domanda è necessario registrarsi sul sito internet dedicato ed essere in possesso di firma digitale intestata al titolare/legale rappresentante

Per informazioni più dettagliate vi consigliamo di visionare il sito internet dedicato https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/emergenza-coronavirus/impresa-sicura e copia del bando allegato alla presente.

Un ulteriore incentivo è previsto dall’articolo 64 D.L. “Cura Italia”: “Allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta […].”. Il “Decreto Liquidità” – D.L. 23/2020 – ha ulteriormente ampliato l’agevolazione includendo anche l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.

Ad oggi, nonostante siano passati più di 30 giorni, il sopra citato Decreto non è stato ancora pubblicato, quindi non si hanno ancora informazioni concrete sulle tempistiche e sulle modalità di fruizione del credito.

Lo Studio rimane a disposizione per eventuali chiarimenti.

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RW – Obblighi di dichiarazione – “Beni materiali immateriali, diritti e investimenti finanziari all’Estero”

Il decreto legge n. 167 del 28.6.1990 (Legge 4.8.1990 n. 227) ha introdotto l’obbligo, per i contribuenti residenti nel territorio nazionale, della indicazione – in apposito modello di dichiarazione – indicato con la sigla RW- da presentare unitamente al mod. unico di dichiarazione annuale dei redditi, di indicare eventuali investimenti o attività finanziarie detenute all’estero e i connessi trasferimenti.

Più specificatamente, l’art.4 – 1° e 2° comma – del citato D.L., così recita:

1.“Le persone fisiche, gli enti non commerciali, nonché’ i soggetti indicati nell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, devono indicarli nella relativa dichiarazione dei redditi.

2.”Nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria. Tale obbligo sussiste anche nel caso in cui al termine del periodo di imposta i soggetti non detengono investimenti e attività finanziarie della specie.

Sono dunque soggetti interessati: le persone fisiche, gli enti non commerciali (no profit), le società semplici e i soggetti assimilati a quest’ultime, cioè le società di fatto che non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali, nonché le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni e gli esercenti attività di lavoro autonomo anche per le operazioni relative all’attività professionale.

Preliminare attenzione è da porre al concetto di residenza (fiscale) in Italia: generalmente, per i soggetti destinatari dell’obbligo, la residenza fiscale coincide con la residenza anagrafica o con il domicilio, nel caso in cui si sia scelto, per l’esercizio della propria attività, in luogo diverso dalla residenza.

Plurime, invece, le considerazioni da svolgere – caso per caso – quando il soggetto interessato svolga la sua attività   In Paesi diversi dal proprio, la sua permanenza all’Estero si protragga per una determinata frazione d’anno, e abbia posto il “centro” dei suoi interessi professionali e quello degli interessi di carattere patrimoniale e familiare in luoghi diversi tra loro.

Da rilevare che, soggetto all’obbligo dichiarativo, non è soltanto l’intestatario “giuridico” dei beni o delle attività, ma anche chi ha i poteri di disporre di fatto e movimentare attività finanziarie di terzi.

Dovrà anche essere indicata, in apposita sezione, la presenza dell’eventuale titolare effettivo degli investimenti esteri, con evidenza se tale titolarità derivi da una partecipazione qualificata in società avente sede in un Paese “collaborativo” (White list) o “non collaborativo” (Black list).

Soggetto interessato anche il trust con sede in Italia, quale soggetto non commerciale: l’onere dichiarativo è in capo al trustee, oltre che ai beneficiari effettivi.

Il quadro RW oltre che al citato monitoraggio della “ricchezza” di residenti nazionali è finalizzato anche alla quantificazione di due  specifici tributi di natura patrimoniale:  l’IVIE (Imposta sugli immobili detenuti all’estero) e IVAFE (Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero) : potrà accadere che in alcuni casi di esonero dal “monitoraggio” (per rare situazioni e per modestissimi  patrimoni), sarà comunque dovuta la presentazione del modello RW per il versamento delle due imposte.

Tra le attività patrimoniali all’estero elenchiamo, ancorché non in via esaustiva:

– immobili e/o diritti reali su tali beni;

– automezzi e mezzi navali registrati all’estero;  

–  oggetti di antiquariato, gioielli e altri oggetti preziosi, quadri e altre opere d’arte;

– ogni altro bene, materiale, o immateriale, o diritti su di essi.

Tra le attività finanziarie:

– conti correnti bancari e altre forme di deposito;

– quote di partecipazione in società estere e relativi diritti;

– titoli pubblici, obbligazioni e similari emessi da soggetti esteri;

– cassette di sicurezza (e loro contenuto) depositate all’estero;

– adesione a forme di previdenza volontaria;

– polizze di assicurazione;

– qualsiasi altra forma di investimento, detenzione o diritto di natura finanziaria.

Negli ultimi anni, un particolare rilievo, tra i mezzi di pagamento e gli investimenti finanziari, hanno assunto quelli “virtuali” legati a particolari forme di “monetizzazione” che vengono chiamate “criptovalute”: si tratta di valori monetari “immateriali” non emessi – né controllati o garantiti- da alcuna autorità statale o sovranazionale, che circolano esclusivamente per via telematica e sotto crittografia.

A prescindere da alcun giudizio che si possa esprimere su tale fenomeno, per quanto di interesse al presente intervento, è da evidenziare che l’eventuale possesso, quale mezzo di pagamento volontario o quale investimento, di criptovaluta (Bitcoin, Armony, Electrum, etc.) – secondo parere dell’Agenzia delle Entrate (condiviso anche dal Tar del Lazio con recente sentenza 1077 del 2020) – rileva ai fini della redazione del modulo RW.

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Abbiamo cercato, in queste brevi note, di dare una prima informazione di massima sul delicato e composito argomento trattato, ricco, più di altri, di numerose “sfaccettature”: restiamo a disposizione per ogni particolare approfondimento che vorrete proporci.

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Transfer pricing: “Trasferimento di valore nelle transazioni internazionali”

Un particolare aspetto, legato alla “globalizzazione” dell’economia e all’internazionalizzazione delle imprese e dei rapporti che intercorrono tra “gruppi” di imprese che operano in Paesi diversi, è quello dei “prezzi di trasferimento” : c.d. “transfer pricing”.

Uno dei canoni fondamentali, che viene posto dai principi di Scienza delle Finanze (e di Diritto Tributario), in tema di tassazione dei profitti è quello generale di “territorialità dell’imposizione”: ovvero, le imposte debbono essere applicate nel Paese in cui è localizzata l’attività economica che produce i profitti oggetto di “tassazione”.

Se il citato principio appare di semplice enunciazione, non lo è la sua pratica attuazione nelle transazioni internazionali: i sistemi fiscali dei diversi Paesi non sono tra loro omogenei, e alcuni di essi prevedono livelli di imposizione più miti rispetto ad altri: da qui emerge il potenziale interesse del “gruppo” a trasferire materia imponibile  – con “adeguamento ad hoc” dei prezzi di trasferimento –dallo Stato in cui si è prodotta una specifica “ricchezza” ad altro Paese ove ne sia prevista una più “mite” tassazione.

In tale contesto di fatto, l’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nata dall’ evoluzione della precedente OECE Organizzazione Europea di Cooperazione Economica),

ha dato vita ad un progetto di osservazione e studio, denominato “Base Erosion ad Profit Shifting” (BEPS), al fine di fissare i principi base per la determinazione dei valori da attribuire alle transazioni internazionali e per la soluzione delle problematiche legate al “trasferimento di valore” dal Paese in cui esso è prodotto ad altro con sistema tributario di favore, tradendo così l’ulteriore principio economico per il quale ogni impresa, partecipe alla produzione di beni e servizi, dovrebbe essere remunerata in modo proporzionale all’apporto che essa ha dato allo stesso processo di produzione e ai rischi assunti.

L’OCSE, nel 2017, grazie al progetto BEPS, ha aggiornato una precedente versione delle “Linee Guida sui prezzi di trasferimento”, con l’approfondimento e l’attualizzazione dello studio dei rischi legati al “transfer price” e integrando le linee di indirizzo relative alle problematiche inerenti i “beni immateriali”, i “servizi” e la documentazione che le imprese debbono approntare a illustrazione dei criteri adottati per la determinazione dei prezzi di trasferimento applicati.

Elevato, quindi, l’interesse degli Organismi Fiscali  dei diversi Paesi a verificare che il valore monetario delle transizioni economiche internazionali sia quantificato alla luce del “principio di libera concorrenza”: adozione di prezzi uguali a quelli praticati tra soggetti indipendenti l’uno dall’altro e in  condizioni di mercato comparabili con quelle in cui si trova il “gruppo interessato”; avendo cura, comunque, di non produrre fenomeni di “doppia imposizione ” e  per limitare i quali sussistono, comunque,  apposite convenzioni bilaterali tra Stati.

Il nostro legislatore fiscale nazionale ha regolamentato la materia di cui è argomento, per quanto riguarda l’imposizione diretta sul reddito, con l’art. 110 – 7° comma – del TUIRR (DPR 917/86 –Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il quale, dopo le modifiche introdotte nel 2017, così recita:

“ I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma.”

Eliminando, peraltro, la precedente dizione “con riferimento al valore normale” ,  spesso di estrema discutibile applicabilità quale concetto per la determinazione dei prezzi, con l’inciso “con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili”.

Da evidenziare, inoltre, che la nostra legislazione intende facenti parte di un “Gruppo” tutte le società controllate, società controllanti, o società controllate direttamente od indirettamente dallo stesso soggetto e il controllo può essere di diritto o di fatto, cioè – di diritto- quando si rileva la sussistenza di un diritto che consenta il controllo giuridico sulle altre società  o – di fatto -una ‘influenza dominante”, in connessione a particolari vincoli contrattuali o anche di fatto.

Svolte queste brevi note di introduzione all’importante argomento del  “transfer pricing”, che potrà essere d’interesse anche per le piccole e medie imprese che intendano proporsi all’estero, è bene far memoria di un dibattito che ha avuto alterne vicende legislative e giudiziali: intendiamo parlare della configurabilitàper “gruppi” che operano esclusivamente in campo nazionale  , delle problematiche di natura fiscale legate alla determinazione dei “prezzi di trasferimento”.

La vicenda ha visto prevalere, in passato, la tesi sostenuta dagli Uffici Fiscali e favorevole alla applicabilità delle verifiche sui prezzi di trasferimento anche per le transazioni commerciali “domestiche”; da ultimo, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha modificato precedenti orientamenti: ma questa è un’altra Storia!

Il nostro Studio è, come sempre, disponibile all’approfondimento e alla consulenza per eventuali specifici casi.

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START UP INNOVATIVE : AGEVOLAZIONI FISCALI E NON SOLO…..SEMPLICEMENTE UN NUOVO MONDO DA SCOPRIRE INSIEME….

L’attuale crisi economica e sociale portata dalla pandemia che affligge l’intero globo, ci offrirà –senza dubbio- una possibile” rivisitazione” delle strutture socio-economiche e l’occasione per nuove visioni politiche, sia a livello nazionale che internazionale.

I concetti di “internazionalizzazione” e di “economie interdipendenti” potranno essere adeguati a nuovi equilibri politici e incombenti necessità “ecologiche” del nostro Pianeta, e – non ultimo – all’enorme progresso tecnologico in atto.

Quale il ruolo e le possibilità offerte al sistema imprenditoriale italiano, in modo particolare alle aree che sino ad oggi sono state economicamente “dipendenti” da altre con più vivace tessuto di imprese?

E nell’immediato , quali gli strumenti che oggi vengono offerti dalla legislazione nazionale a chi voglia iniziare a  “reinventare” il futuro?

Il nostro legislatore nazionale, nel contesto di una visione globale, nel 2012 ha posto le basi di un modello socio-economico di “crescita sostenibile”, precursore di un sistema interconnesso di “rete” tra imprese (da piccole a grandi dimensioni), strutture di servizi di ricerca e sviluppo a sevizio delle imprese e collegamenti funzionali con istituti universitari;

particolare attenzione viene riservata allo sviluppo di imprenditorialità giovanile altamente specializzata, alla introduzione di normative e di appositi istituti giuridici che favoriscano la raccolta dei necessari capitali, la mitigazione del regime fiscale che giunge alla “detassazione” di particolari operazioni e  determinati redditi ;

rilevanti anche la semplificazione e l’alleggerimento degli obblighi di norme societarie e la limitazione del rischio d’impresa nonché  le agevolazioni di carattere fiscale e finanziario.

Intendiamo parlare dell’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano della nozione di “nuova impresa tecnologica” : l’approfondimento odierno del blog è, dunque, dedicato alle  c. d. start up innovative.

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Il favor legislatoris nel settore è stato introdotto dal parlamento italiano con l’approvazione della legge n.221 del 2012 di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012 n.179.

Procediamo, però, con ordine.

Le agevolazioni, in tale settore, non sono solamente fiscali, ma, come ci accingiamo a esplicare, assumono connotazioni anche in ambito giuslavoristico, camerale e societario.

Va da sé che, preliminarmente e in via prodromica, è necessario qualificare quali attività possano essere qualificate come start up innovative.

A tal fine, risulta necessaria la sussistenza di requisiti cumulativi e alternativi, unitamente a un’iscrizione speciale nel registro delle imprese, per poter usufruire di apposite  agevolazioni  per un periodo pari a cinque anni dalla costituzione della società.

Vediamo più nello specifico.

Tra i requisiti cumulativi  la start up deve :

  • essere costituita da non più di 60 mesi ( unica eccezione per le società già costituite alla data del 19 dicembre 2012 limite massimo dalla costituzione a partire dal 20 ottobre 2008);
  • essere residente in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio unico europeo, purché abbia una sede produttiva o filiale in Italia;
  • possedere dal secondo anno di attività un totale della produzione annua non superiore a cinque milioni di euro, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato;
  • non distribuire, né aver distribuito utili;
  • avere, quale oggetto sociale unico o prevalente, quello attinente lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • non essere stata costituita dalla fusione, scissione societaria o da una cessione d’azienda o da un  ramo d’azienda.

Oltre ai requisiti cumulativi la start up per essere qualificata, a livello normativo, innovativa deve almeno possedere almeno uno dei seguenti requisiti alternativi :

  • le spese in ricerca e sviluppo devono essere uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della start up innovativa ( dal calcolo sono escluse, tra le altre, le spese affrontate per l’acquisto e la locazione di beni immobili);
  • impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo giuridico pari o superiore a un terzo della forza lavoro complessiva dotato di titoli di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata  presso istituti di ricerca pubblici o privati in Italia o all’estero ovvero abbia in percentuale superiore a due terzi della forza lavoro complessiva personale in possesso di laurea magistrale;
  • deve essere titolare o depositaria di una privativa industriale concernente un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale o deve essere titolare dei diritti in merito a un programma per elaboratore riguardanti l’oggetto sociale e l’attività d’impresa.

Chiaro risulta, pertanto, che l’oggetto sociale della start up innovativa deve possedere, quale elemento peculiare lo sviluppo, la produzione e la relativa commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

Definiti, in tal modo, i requisiti e l’oggetto sociale precipui delle attività delle start up innovative, passiamo a esaminare le relative agevolazioni, partendo, da quella che riteniamo maggiormente rilevante, ossia: quella fiscale.

L’articolo 29 del decreto legge 179/2012, così come convertito nella legge n. 221 del 17 dicembre 2012, ha previsto ai soggetti IRPEF e ai soggetti IRES di detrarre o dedurre le risorse investite in start up innovative.

Vediamo, ora, più nel dettaglio, di che si tratta:

  • per le persone fisiche è prevista una detrazione IRPEF del 30% della somma investita nel capitale sociale delle start up innovative, fino ad un investimento massimo di 1.000.000 di euro annui;
  • per le persone giuridiche è prevista una deduzione IRES del 30% dell’investimento, con tetto massimo di investimento annuo pari a 1.800.000 euro.

Le agevolazioni vengono riconosciute fino ad un ammontare complessivo di conferimenti non superiori a 15.000.000 di euro per ciascuna start up innovativa e, ai fini del calcolo, si computano tutti i conferimenti agevolabili ricevuti dalla start up innovativa nel periodo di vigenza del regime di agevolazioni.

Gli aspetti rilevanti in materia fiscale non si limitano a quanto asserito sopra, ma si estendono alla  completa disapplicazione delle società di comodo e delle società in perdita sistematica, per non parlare, poi, dell’esenzione sia ai fini fiscali che contributivi del reddito derivante dall’assegnazione di strumenti finanziari diretti a remunerare le prestazioni lavorative e le consulenze qualificate; per concludere nel riconoscimento di un credito di imposta ( subordinato all’autorizzazione della commissione europea) pari al 75% degli investimenti incrementali pubblicitari effettuati sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Un pacchetto fiscale veramente interessante non c’è che dire.

Veniamo, ora, ad affrontare, come sostenuto nella prima parte del nostro approfondimento, anche le agevolazioni riconosciute alle start up innovative di natura non fiscale.

Soffermiamoci sugli aspetti giuslavoristici.

Per le start up innovative il decreto legislativo n. 81/2015 ha ribadito la acausalità e la durata massima del rapporto  di lavoro tra le stesse parti di 36 mesi e ha confermato le deroghe alla normativa ordinaria relative ai rinnovi contrattuali e ai limiti quantitativi di utilizzo dell’istituto, unitamente alla derogabilità alle norme in materia di proroga.

Più nel dettaglio :  le start up non sono soggette ai limiti di numero di proroghe ( nei 36 mesi sono libere di procedere alla proroga anche per più di 5 volte), possono rinnovare, entro il limite massimo, più volte i contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore, anche con un intervallo inferiore a quello generale andando esenti dalla conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro; in aggiunta vi è un’apposita esclusione dai limiti quantitativi per l’utilizzo dei rapporti a tempo indeterminato.

Speciali e precipue sono, poi, le modalità di retribuzione dei lavoratori assunti nelle start up innovative, la cui retribuzione è composta da una parte fissa ( con dei minimi inderogabili a livello contrattuale) e da una parte variabile collegata all’efficienza, alla produttività del lavoratore o ad altri parametri di rendimento previamente concordati, non esclusa la possibilità di acquisizioni di quote o azioni societarie.

Una normativa, pertanto, che, anche in ambito lavorativo, assurge alla finalità di rafforzare lo sviluppo delle attività di start up innovative nel tessuto imprenditoriale del Paese.

Le agevolazioni e/o le relative deroghe per le start up innovative riguardano anche l’ambito camerale e quello societario.

Quanto al primo si evidenzia l’esonero per le attività in parola dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli adempimenti di iscrizione nel registro delle imprese unitamente all’esonero del diritto annuale dovuto alle camere di commercio.

Quanto al secondo, queste le più significative deroghe alla disciplina societaria ordinaria:

– se costituite in forma di s.r.l.:

– previsione di particolari categorie di quote, con diritti differenziati in relazione al ruolo ricoperto da ciascun socio;

– possibilità di operazioni su quote proprie, generalmente inibita ad altre società;

– facoltà di emissione di strumenti finanziari partecipativi, sia verso soci, collaboratori operativi e finanziatori, in relazione all’andamento economico della società;

– possibilità di offerta al pubblico di quote di capitale

Inoltre, è prevista la proroga del termine per la copertura delle perdite (attese le particolari finalità della società e le prevedibili iniziali difficoltà) in caso di perdite che portino ad una riduzione del capitale sociale di oltre un terzo.

Per quanto riguardo il “rischio d’impresa” la “nuova impresa tecnologica” gode dello “status di non fallibilità”: cioè non è soggetta alle procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa e può pertanto accedere ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio.

Varie, inoltre, le agevolazioni di carattere finanziario:

– raccolta di capitali tramite iniziative di “equity crowfunding “ ( il nostro Paese è stato antesignano nella regolazione di tale modalità di raccolta fondi); facilitazioni per ammissione al Fondo di Garanzia per PMI; sostegno all’ internazionalizzazione dell’impresa ed altre iniziative di favore in relazione alle caratteristiche di ciascuna impresa.

Ben si comprende, come molteplici siano gli elementi favorevoli congiuntamente alle rilevanti agevolazioni su più materie per dar vita a una start up innovativa .

Lo studio Trinchera, pertanto, unitamente a tutti i suoi collaboratori, è ben lieto di fornire ai propri clienti la  sua qualificata e consueta attività consulenziale per i dovuti approfondimenti e specifica assistenza sulla fattispecie in esame.

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14/04 > Avvio fase finanziamenti alle imprese >Prestiti fino a 25.000 euro ed oltre > Focus complessivo

Liquidità Imprese

Nella giornata del 14 u.s. il Fondo di Garanzia e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) hanno reso pubblico il modello di richiesta dei prestiti, con garanzia statale integrale, per i finanziamenti non superiori a 25.000 euro.
Il modulo è estraibile dai rispettivi siti dei due enti e va trasmesso con posta elettronica – anche non certificata – all’istituto bancario di riferimento; sarà poi quest’ultimo – a sua volta – a richiedere la prevista garanzia allo Stato.
Gli elevati accessi ai siti del Fondo e del Mise hanno creato difficoltà di collegamenti, evidenziando una ipotizzabile debolezza dei sistemi informatici nazionali, sistemi che – nella prospettiva di incremento dei mezzi telematici di comunicazione – diverranno sempre più vitali per i diversi settori sociali.
Le risorse rese disponibili dal decreto “liquidità”, per la citata categoria di agevolazione, appaiono già insufficienti per soddisfare le potenziali richieste: l’alto coefficiente di rischio (garanzia al 100%) che si assume lo Stato ha indotto ad un accantonamento ad esso adeguato: le leva prevista è di 1:3, cioè per ogni unità di garanzia sono previsti 3 unità di finanziamento.
E’ da ricordare quanto segue:
– a tale forma di finanziamento sono ammessi i lavoratori autonomi e le PMI
– il finanziamento viene erogato nel limite del 25% dei compensi (per i lavoratori autonomi) o ricavi (per le PMI): pertanto, per usufruire dell’intera agevolazione di 25.000 euro si dovrà avere un parametro di compensi/ricavi di 100.000 euro
– la durata del finanziamento è fino a sei anni, con rimborso del capitale dall’inizio del terzo anno
– il tasso previsto – calcolato sugli attuali parametri – è circa l’1,2%
– nonostante non sia prevista istruttoria di merito da parte statale, le banche condurranno la loro istruttoria di affidabilità e potranno negare il prestito
– il modulo di richiesta si completa di tre allegati da compilare a cura del richiedente e le dichiarazioni sono rese ai sensi degli articoli 75 e 76 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445
Considerazioni particolari per il regime “forfettario”
Nel presupposto che il finanziamento è erogabile nel limite del 25% dei compensi o ricavi, la quota massima di prestito a cui possono accedere gli interessati sarà pari a 16.500 euro, o inferiore se il parametro di riferimento non raggiunge i 65.000 euro, cifra massima per godere della “tassa piatta” del 15% .
Per le imprese con fatturato non superiore a 1,5 miliardi di Euro e con meno di 5.000 dipendenti la soc. SACE ha già formulato le opportune istruzioni e avviato la necessaria interlocuzione con gli istituti bancari.
Tale tipologia di finanziamento prevede il limite più alto tra il 25% del fatturato o due volte il costo per il personale sostenuto per l’esercizio 2019, con l’impegno aggiuntivo dell’esclusione della possibilità di distribuzione dividendi o riacquisto azioni proprie e di confronto con i sindacati per la gestione del personale.
Ipotesi di “lavoro”
La rilevante necessità di fondi, che si prospetta necessaria per l’intero sistema dell’Imprenditoria Nazionale e per la ristrutturazione del nostro Sistema Sociale, potrà condurre all’ideazione o alla riscoperta di ulteriori forme di finanziamento o compartecipazione alle imprese che – oltre ai provvedimenti pubblici e a quelli Comunitari – possano sollecitare i grandi investitori privati a partecipare al “rimodellamento” della nostra economia: dalle già sperimentate “cambiali finanziarie” ai titoli di partecipazione e oltre; non ultimo per il sistema sociale, il rafforzamento e l’incentivazione di modelli organizzativi del Terzo Settore.

In caso di interesse si consiglia di sentire il proprio Istituto di Credito di riferimento ove già “attrezzato” nell’affrontare la pratica.

Chiavenna, lì 15 Aprile 2020

 

 

In allegato:

  • MODULO DA PRESENTARE AL SOGGETTO RICHIEDENTE DEL FONDO DI GARANZIA (BANCA, INTERMEDIARIO FINANZARIO, CONFIDI)

Allegato-4-bis

  • Documento di ricerca del nostro CNDCEC in merito ai “PRINCIPALI INTERVENTI PER FAVORIRE L’ACCESSO AL CREDITO CONTENUTI NEL DECRETO LEGGE 17 MARZO 2020 N.18 C.D. “CURA ITALIA” E NEL DECRETO LEGGE 8 APRILE 2020 N. 23 C.D. “LIQUIDITÀ”

Approondimento CNDCEC Italia_Possibilità finanziamento

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BOZZA DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE” > Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa > tempo lettura 4 min. e 30 sec. > #studiotrincherainforma

BOZZA DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE”

Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa

Ancora non è stato pubblicato il decreto del Consiglio dei Ministri del 6 aprile: le prime necessarie considerazioni operative saranno necessariamente non definitive e comunque soggette a ripensamenti.
Una prima verifica porta a considerare come, nella sua sostanza, il provvedimento non amplia le disponibilità di “scostamento” già fissate dal decreto “Cura Italia” ma ne rimodula l’utilizzo: le effettive coperture finanziarie sono attese (sperate) con un prossimo Decreto Legge della seconda metà di aprile.
Peraltro, perché si attui appieno l’annunciato ampliamento delle disponibilità occorrenti, sarà necessaria l’autorizzazione del Parlamento.
Dal punto di vista amministrativo, fatte le opportune correlazioni, emergono meccanismi procedurali che potranno recare tempi non brevi per l’effettiva erogazione di fondi alle imprese.
Pur ottenendo un sollecito “benestare” da parte dell’UE (siamo nel campo degli “aiuti di Stato”), l’iter di esame delle domande di finanziamento prevede diverse “stazioni”: va ad interessare gli istituti bancari (per la valutazione del “merito bancario”), il Ministero dell’Economia, a cui è demandato in compito di formulare Decreti Attuativi (magari con l’introduzione di ulteriori oneri sostanziali e formali) nonché lo Sviluppo Economico, per il giudizio di sul grado di interesse generale delle attività svolte dalle imprese richiedenti finanziamenti. Per le garanzie SACE è prevista una Convenzione tra l’Istituto e il Mef, con l’intervento del CIPE e la creazione di un Comitato ad hoc per l’assistenza finanziaria all’esportazione.
Per i finanziamenti a favore delle micro-imprese e dei lavoratori autonomi vengono confermate sia un’istruttoria che dovrebbe essere soltanto formale che la garanzia totale da parte dello Stato, sino però al limite di 20.000 euro di prestito: negli altri casi la garanzia sarà parametrata a diversi specifici valori di ogni singola categoria economico-finanziaria di impresa.
La misura degli interessi varia in relazione alle caratteristiche dell’impresa: comunque, non si preannunciano “vicine allo zero”.
Si allega sintetico prospetto di raffronto delle varie previsioni (cliccare sul seguente link): 

Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa

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DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE” > PRIME INFORMAZIONI

DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE”

PRIME INFORMAZIONI

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione tenuta ieri, ha approvato l’atteso decreto detto “liquidità alle imprese” : con riserva di poter leggere il documento ufficiale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dalle informazioni diffuse dagli organi di Governo, il decreto in questione prevede varie forme di finanziamento a favore sia di micro imprese e lavoratori autonomi e sia di imprese piccolo – medie e grandi, con vari limiti di importo e specifiche modalità di “istruzione” delle posizioni di affidamento da parte delle banche delegate; assicura inoltre la copertura della garanzia statale, totale per finanziamenti sino a 25.000 euro e parziale – con varie modulazioni quantitative – per le erogazioni che interessano le PMI e le Grandi Imprese.
In particolare, per i finanziamenti sino a 25.000 euro, sono previsti tempi rapidi ed una procedura automatica, esonerando gli istituti bancari da ogni obbligo di istruzione dettagliata per la determinazione del “credito bancario” assegnabile al richiedente.
Rischio di intempestività per i finanziamenti di maggior peso, sia per gli oggettivi necessari tempi occorrenti per un ponderato svolgimento della pratica di affidamento e sia per quelli che saranno i criteri adottati; se da un lato saranno ancora primari i criteri di garanzia offerti, dall’altro dovrà far premio la bontà dell’idea imprenditoriale da sostenere; da considerare inoltre che una rilevante quota di finanziamenti sarà gestita dalla SACE (società per azioni del gruppo Cassa Depositi e Prestiti) indirizzata al sostegno delle attività di esportazione : orbene, tale tipo di sostegno è considerato dalla normativa comunitaria “aiuto di Stato”, e come tale dovrà essere autorizzato dalla Comunità Europea, con tutte le conseguenze del caso, atteso il non facile clima di “tesa interlocuzione” attualmente corrente tra i vari paesi europei : su tali problematiche ci riserviamo quanto prima di svolgere alcune riflessioni.
Il decreto ha anche come oggetto i seguenti provvedimenti.
In campo fiscale e previdenziale:
– sospensione dei versamenti IVA e concessione di agevolazioni in tema di ritenute d’acconto su ricavi e compensi percepiti in aprile e maggio per professionisti e imprenditori con ricavi o incassi inferiori a 400.000 euro;
– non comminazione di sanzioni e interessi connessi a versamenti di acconti per l’anno 2020;
– sospensione – per aprile e maggio – dei versamenti di ritenute e contributi previdenziali e dell’IVA per alcune categorie di operatori economici, in relazione ai compensi o ricavi dell’anno 2019 e al calo rilevabile per i mesi di marzo e aprile 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019.
Inoltre, è stato deciso il differimento dell’entrata in vigore di buona parte della normativa sulla “crisi d’impresa” e la sospensione di quella connessa alla salvaguardia del capitale sociale delle società, in relazione ai negativi effetti dell’attuale crisi sanitaria.
Infine, viene rafforzato il c.d. “Golden power”, cioè il potere di controllo e di intervento che lo Stato può esercitare sulle operazioni societarie “ostili” nei confronti di “settori strategici” per impedirne ogni acquisizione di controllo da parte di soggetti stranieri.
Questa l’estrema sintesi oggi traibile dell’atteso provvedimento, fatta salva ogni più approfondita lettura del testo definitivo.

Chiavenna, lì 7 Aprile 2020

Dott. Giacomo Dino Trinchera

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