Strumenti di Pianificazione e Gestione aziendale: Il rendiconto finanziario per le piccole e micro imprese (2°)

Dai cenni fin qui fatti, una sana gestione aziendale presuppone una costante attività di verifica dei risultati conseguiti e una attenta programmazione dell’attività futura, sia dal punto di vista economico che patrimoniale e –non ultimo  – da quello finanziario: economico per misurare che la redditività dell’azienda consenta di realizzare un utile; patrimoniale per far sì che la struttura abbia mezzi adeguati e di costo sostenibile in relazione alle sua potenzialità produttiva; finanziaria per misurare l’equilibrio finanziario, cioè la capacità della gestione di produrre “liquidità” tale da consentire l’esborso monetario derivante dai costi d’esercizio corrente e da eventuali finanziamenti assunti presso terzi : fisiologicamente per nuovi investimenti o momentanee “necessità di cassa”.

Dalla verifica di quanto operato si dovranno trarre le opportune indicazioni per la pianificazione dell’attività futura e le prospettive sui “flussi di cassa” che assicurino la “solvibilità d’impresa”.

In tema di previsione dei “flussi di cassa” e di rendiconto finanziario, è pur vero che le piccole e micro imprese non hanno l’obbligo giuridico di redigere – insieme al bilancio – anche tale rendiconto, ma – prescindendo dall’indubbia utilità gestionale – è da rammentare che la recente

normativa sulla “crisi d’impresa e l’insolvenza” è rivolta a tutte le imprese, con il relativo onere di tenere costantemente sotto osservazione, mediante l’elaborazione di opportuni indici, oltre che le capacità economico-patrimoniali, anche quelle finanziarie dell’impresa mediante il controllo della “dinamica finanziaria di previsione”: indirettamente quindi, diviene necessario, anche per le piccole imprese, l’utilizzo del rendiconto finanziario o di suoi sostitutivi contabili.

Afferma infatti il citato   Codice della Crisi, che l’impresa deve mantenere “…la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi…”.

E all’art. 13 definisce degli “indicatori” di crisi: “…Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso…… A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’inadeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi…. Costituiscono altresì indicatori di crisi ritardi nei pagamenti reiterati e significativi…. “

La costruzione dei previsti indici, con l’utilizzo di apposite tecniche di revisione contabile – proporzionate alla dimensione e alle caratteristiche di ogni singola impresa – darà all’imprenditore

(e ai suoi “interlocutori”: soci, clienti, fornitori, istituti bancari, pubbliche istituzioni ed altri interessati), immediata immagine della complessiva situazione della propria impresa così da poter valutare quali gli effetti (se positivi o negativi) della gestione passata e quali le iniziative più opportune da assumere per la “continuità d’impresa”.

A titolo meramente indicativo e non esaustivo, si potranno verificare le seguenti ipotesi.

Se gli impieghi siano stati utilizzati per investimenti diretti allo sviluppo dell’azienda oppure per il solo ammodernamento dei macchinari e della struttura operativa;

se siano stati indirizzati al rimborso di pregressi finanziamenti in scadenza o soggetti a revoca da parte degli istituti di credito, o ancora abbiano costituito prelevamenti dell’imprenditore;

 se provengano in prevalenza dalla gestione reddituale oppure no per effetto di una gestione che non apporti “ricchezza” per l’impresa.

Se fonti di flussi finanziari siano costituite dalla” gestione corrente” (segno di positivo andamento dell’impresa) oppure da apporti dell’imprenditore di capitale proprio o anche da disinvestimenti aziendali “virtuosi” o – al contrario – per correggere errate precedenti valutazioni.

Con queste brevi note abbiamo cercato di illustrare la necessaria importanza   che riveste, per l’imprenditore, la sistematica adozione di tecniche di riscontro e pianificazione della gestione finanziaria della propria azienda: potremo sviluppare l’argomento e fornire la più opportuna soluzione per ogni singola situazione che ci verrà presentata.

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Strumenti di Pianificazione e Gestione aziendale: Il rendiconto finanziario

In un precedente “focus” sul bilancio, abbiamo fatto cenno che tale fondamentale documento viene accompagnato da relazioni esplicative: tra queste il rendiconto finanziario.

Esso consiste in   un prospetto di natura contabile il cui scopo è quello di evidenziare i movimenti finanziari posti in essere dall’impresa nel periodo di tempo cui si riferisce il bilancio e sintetizza l’analisi delle variazioni intervenute tra le disponibilità iniziali e quelle finali, nonché le fonti da cui sono state ricavate le risorse finanziarie impiegate nell’attività e la destinazione di tali risorse, dando così immediata analisi consuntiva della dinamica finanziaria per il periodo considerato dal bilancio e fornendo solide basi di valutazione – insieme al “business plan” – per la pianificazione finanziaria dell’attività futura.

La tecnica di costruzione del “flusso finanziario” è impiegata – sovente – anche per la pianificazione di un singolo progetto di rilevante importanza e impegno per l’impresa.

Breve nota: con dinamica finanziaria si definisce la capacità dell’impresa di produrre flussi finanziari -disponibilità liquide- da impiegare nello svolgimento della propria attività.

Inoltre, il rendiconto finanziario – “misurando” l’affidabilità finanziaria dell’impresa –  diviene immediato strumento di “consapevolezza” per l’imprenditore nonché – insieme ad altri – ulteriore elemento di conoscibilità della stessa impresa per i suoi interlocutori (clienti, fornitori, istituti di credito e finanziari, “partner” di filiera, enti pubblici, etc.)

Se tale documento è divenuto obbligatorio (con legge del 2015, entratain vigore dal 2016)   per le imprese di medie o grandi dimensioni, tenute alla redazione del bilancio d’esercizio in forma ampia, diventa strumento   di gestione e controllo anche per le imprese di ridotte dimensioni.

Come già scritto, Il bilancio così come formulato secondo i prescritti criteri di “competenza economica”, rileva gli atti economici posti in essere, prescindendo dalla circostanza se si siano avverati anche i relativi movimenti finanziari, e   fornisce soltanto l’ammontare delle disponibilità finanziarie all’inizio e alla fine del periodo considerato: la differenza tra i due valori evidenzierà se esse sono aumentate o diminuite, ma non i motivi gestionali che ne sono la causa.

In buona sintesi, il rendiconto finanziario ha come fine quello di informare sulle modalità di reperimento (fonte) e di utilizzo (impiego) delle risorse finanziarie disponibili, e permette di rilevare se l’attività tipica dell’impresa, anziché produrre assorba risorse finanziarie, cioè che  i costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività – misurati nella quantità e nella qualificazione delle conseguenti uscite finanziarie – superino le entrate finanziarie prodotte dai ricavi (misurati per competenza economica): è chiaro che in questa ipotesi la situazione finanziaria dell’impresa diventa critica.

Non è raro il caso in cui, pur a fronte di un risultato economico positivo, l’imprenditore si trovi in situazione finanziaria negativa: vuoi per eventuali investimenti   non ben programmati ed eccedenti le capacità di “assorbimento” dell’impresa, o   per eccesso di dilazioni di pagamento concesse a clienti rispetto a quelle ricevute dai propri fornitori, o altri motivi che hanno comunque creato squilibrio tra i flussi finanziari di entrata e di uscita.

Da qui la necessità che ogni organizzazione economica (impresa o ente “no profit”) si avvalga costantemente, per le proprie scelte operative, anche di metodologie di pianificazione e gestione finanziaria che siano – peraltro- le più opportune per la propria struttura.

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Nel restare, come sempre, disponibili ad approfondimenti relativi a particolari casi proposti al nostro Studio, ci ripromettiamo di continuare ad un prossimo appuntamento.

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