Transfer pricing: “Trasferimento di valore nelle transazioni internazionali”

Un particolare aspetto, legato alla “globalizzazione” dell’economia e all’internazionalizzazione delle imprese e dei rapporti che intercorrono tra “gruppi” di imprese che operano in Paesi diversi, è quello dei “prezzi di trasferimento” : c.d. “transfer pricing”.

Uno dei canoni fondamentali, che viene posto dai principi di Scienza delle Finanze (e di Diritto Tributario), in tema di tassazione dei profitti è quello generale di “territorialità dell’imposizione”: ovvero, le imposte debbono essere applicate nel Paese in cui è localizzata l’attività economica che produce i profitti oggetto di “tassazione”.

Se il citato principio appare di semplice enunciazione, non lo è la sua pratica attuazione nelle transazioni internazionali: i sistemi fiscali dei diversi Paesi non sono tra loro omogenei, e alcuni di essi prevedono livelli di imposizione più miti rispetto ad altri: da qui emerge il potenziale interesse del “gruppo” a trasferire materia imponibile  – con “adeguamento ad hoc” dei prezzi di trasferimento –dallo Stato in cui si è prodotta una specifica “ricchezza” ad altro Paese ove ne sia prevista una più “mite” tassazione.

In tale contesto di fatto, l’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, nata dall’ evoluzione della precedente OECE Organizzazione Europea di Cooperazione Economica),

ha dato vita ad un progetto di osservazione e studio, denominato “Base Erosion ad Profit Shifting” (BEPS), al fine di fissare i principi base per la determinazione dei valori da attribuire alle transazioni internazionali e per la soluzione delle problematiche legate al “trasferimento di valore” dal Paese in cui esso è prodotto ad altro con sistema tributario di favore, tradendo così l’ulteriore principio economico per il quale ogni impresa, partecipe alla produzione di beni e servizi, dovrebbe essere remunerata in modo proporzionale all’apporto che essa ha dato allo stesso processo di produzione e ai rischi assunti.

L’OCSE, nel 2017, grazie al progetto BEPS, ha aggiornato una precedente versione delle “Linee Guida sui prezzi di trasferimento”, con l’approfondimento e l’attualizzazione dello studio dei rischi legati al “transfer price” e integrando le linee di indirizzo relative alle problematiche inerenti i “beni immateriali”, i “servizi” e la documentazione che le imprese debbono approntare a illustrazione dei criteri adottati per la determinazione dei prezzi di trasferimento applicati.

Elevato, quindi, l’interesse degli Organismi Fiscali  dei diversi Paesi a verificare che il valore monetario delle transizioni economiche internazionali sia quantificato alla luce del “principio di libera concorrenza”: adozione di prezzi uguali a quelli praticati tra soggetti indipendenti l’uno dall’altro e in  condizioni di mercato comparabili con quelle in cui si trova il “gruppo interessato”; avendo cura, comunque, di non produrre fenomeni di “doppia imposizione ” e  per limitare i quali sussistono, comunque,  apposite convenzioni bilaterali tra Stati.

Il nostro legislatore fiscale nazionale ha regolamentato la materia di cui è argomento, per quanto riguarda l’imposizione diretta sul reddito, con l’art. 110 – 7° comma – del TUIRR (DPR 917/86 –Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il quale, dopo le modifiche introdotte nel 2017, così recita:

“ I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma.”

Eliminando, peraltro, la precedente dizione “con riferimento al valore normale” ,  spesso di estrema discutibile applicabilità quale concetto per la determinazione dei prezzi, con l’inciso “con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili”.

Da evidenziare, inoltre, che la nostra legislazione intende facenti parte di un “Gruppo” tutte le società controllate, società controllanti, o società controllate direttamente od indirettamente dallo stesso soggetto e il controllo può essere di diritto o di fatto, cioè – di diritto- quando si rileva la sussistenza di un diritto che consenta il controllo giuridico sulle altre società  o – di fatto -una ‘influenza dominante”, in connessione a particolari vincoli contrattuali o anche di fatto.

Svolte queste brevi note di introduzione all’importante argomento del  “transfer pricing”, che potrà essere d’interesse anche per le piccole e medie imprese che intendano proporsi all’estero, è bene far memoria di un dibattito che ha avuto alterne vicende legislative e giudiziali: intendiamo parlare della configurabilitàper “gruppi” che operano esclusivamente in campo nazionale  , delle problematiche di natura fiscale legate alla determinazione dei “prezzi di trasferimento”.

La vicenda ha visto prevalere, in passato, la tesi sostenuta dagli Uffici Fiscali e favorevole alla applicabilità delle verifiche sui prezzi di trasferimento anche per le transazioni commerciali “domestiche”; da ultimo, una recente sentenza della Corte di Cassazione ha modificato precedenti orientamenti: ma questa è un’altra Storia!

Il nostro Studio è, come sempre, disponibile all’approfondimento e alla consulenza per eventuali specifici casi.

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START UP INNOVATIVE : AGEVOLAZIONI FISCALI E NON SOLO…..SEMPLICEMENTE UN NUOVO MONDO DA SCOPRIRE INSIEME….

L’attuale crisi economica e sociale portata dalla pandemia che affligge l’intero globo, ci offrirà –senza dubbio- una possibile” rivisitazione” delle strutture socio-economiche e l’occasione per nuove visioni politiche, sia a livello nazionale che internazionale.

I concetti di “internazionalizzazione” e di “economie interdipendenti” potranno essere adeguati a nuovi equilibri politici e incombenti necessità “ecologiche” del nostro Pianeta, e – non ultimo – all’enorme progresso tecnologico in atto.

Quale il ruolo e le possibilità offerte al sistema imprenditoriale italiano, in modo particolare alle aree che sino ad oggi sono state economicamente “dipendenti” da altre con più vivace tessuto di imprese?

E nell’immediato , quali gli strumenti che oggi vengono offerti dalla legislazione nazionale a chi voglia iniziare a  “reinventare” il futuro?

Il nostro legislatore nazionale, nel contesto di una visione globale, nel 2012 ha posto le basi di un modello socio-economico di “crescita sostenibile”, precursore di un sistema interconnesso di “rete” tra imprese (da piccole a grandi dimensioni), strutture di servizi di ricerca e sviluppo a sevizio delle imprese e collegamenti funzionali con istituti universitari;

particolare attenzione viene riservata allo sviluppo di imprenditorialità giovanile altamente specializzata, alla introduzione di normative e di appositi istituti giuridici che favoriscano la raccolta dei necessari capitali, la mitigazione del regime fiscale che giunge alla “detassazione” di particolari operazioni e  determinati redditi ;

rilevanti anche la semplificazione e l’alleggerimento degli obblighi di norme societarie e la limitazione del rischio d’impresa nonché  le agevolazioni di carattere fiscale e finanziario.

Intendiamo parlare dell’introduzione nell’ordinamento giuridico italiano della nozione di “nuova impresa tecnologica” : l’approfondimento odierno del blog è, dunque, dedicato alle  c. d. start up innovative.

°°°°°

Il favor legislatoris nel settore è stato introdotto dal parlamento italiano con l’approvazione della legge n.221 del 2012 di conversione del decreto legge 18 ottobre 2012 n.179.

Procediamo, però, con ordine.

Le agevolazioni, in tale settore, non sono solamente fiscali, ma, come ci accingiamo a esplicare, assumono connotazioni anche in ambito giuslavoristico, camerale e societario.

Va da sé che, preliminarmente e in via prodromica, è necessario qualificare quali attività possano essere qualificate come start up innovative.

A tal fine, risulta necessaria la sussistenza di requisiti cumulativi e alternativi, unitamente a un’iscrizione speciale nel registro delle imprese, per poter usufruire di apposite  agevolazioni  per un periodo pari a cinque anni dalla costituzione della società.

Vediamo più nello specifico.

Tra i requisiti cumulativi  la start up deve :

  • essere costituita da non più di 60 mesi ( unica eccezione per le società già costituite alla data del 19 dicembre 2012 limite massimo dalla costituzione a partire dal 20 ottobre 2008);
  • essere residente in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo spazio unico europeo, purché abbia una sede produttiva o filiale in Italia;
  • possedere dal secondo anno di attività un totale della produzione annua non superiore a cinque milioni di euro, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato;
  • non distribuire, né aver distribuito utili;
  • avere, quale oggetto sociale unico o prevalente, quello attinente lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  • non essere stata costituita dalla fusione, scissione societaria o da una cessione d’azienda o da un  ramo d’azienda.

Oltre ai requisiti cumulativi la start up per essere qualificata, a livello normativo, innovativa deve almeno possedere almeno uno dei seguenti requisiti alternativi :

  • le spese in ricerca e sviluppo devono essere uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra costo e valore totale della start up innovativa ( dal calcolo sono escluse, tra le altre, le spese affrontate per l’acquisto e la locazione di beni immobili);
  • impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo giuridico pari o superiore a un terzo della forza lavoro complessiva dotato di titoli di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata  presso istituti di ricerca pubblici o privati in Italia o all’estero ovvero abbia in percentuale superiore a due terzi della forza lavoro complessiva personale in possesso di laurea magistrale;
  • deve essere titolare o depositaria di una privativa industriale concernente un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale o deve essere titolare dei diritti in merito a un programma per elaboratore riguardanti l’oggetto sociale e l’attività d’impresa.

Chiaro risulta, pertanto, che l’oggetto sociale della start up innovativa deve possedere, quale elemento peculiare lo sviluppo, la produzione e la relativa commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

Definiti, in tal modo, i requisiti e l’oggetto sociale precipui delle attività delle start up innovative, passiamo a esaminare le relative agevolazioni, partendo, da quella che riteniamo maggiormente rilevante, ossia: quella fiscale.

L’articolo 29 del decreto legge 179/2012, così come convertito nella legge n. 221 del 17 dicembre 2012, ha previsto ai soggetti IRPEF e ai soggetti IRES di detrarre o dedurre le risorse investite in start up innovative.

Vediamo, ora, più nel dettaglio, di che si tratta:

  • per le persone fisiche è prevista una detrazione IRPEF del 30% della somma investita nel capitale sociale delle start up innovative, fino ad un investimento massimo di 1.000.000 di euro annui;
  • per le persone giuridiche è prevista una deduzione IRES del 30% dell’investimento, con tetto massimo di investimento annuo pari a 1.800.000 euro.

Le agevolazioni vengono riconosciute fino ad un ammontare complessivo di conferimenti non superiori a 15.000.000 di euro per ciascuna start up innovativa e, ai fini del calcolo, si computano tutti i conferimenti agevolabili ricevuti dalla start up innovativa nel periodo di vigenza del regime di agevolazioni.

Gli aspetti rilevanti in materia fiscale non si limitano a quanto asserito sopra, ma si estendono alla  completa disapplicazione delle società di comodo e delle società in perdita sistematica, per non parlare, poi, dell’esenzione sia ai fini fiscali che contributivi del reddito derivante dall’assegnazione di strumenti finanziari diretti a remunerare le prestazioni lavorative e le consulenze qualificate; per concludere nel riconoscimento di un credito di imposta ( subordinato all’autorizzazione della commissione europea) pari al 75% degli investimenti incrementali pubblicitari effettuati sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali.

Un pacchetto fiscale veramente interessante non c’è che dire.

Veniamo, ora, ad affrontare, come sostenuto nella prima parte del nostro approfondimento, anche le agevolazioni riconosciute alle start up innovative di natura non fiscale.

Soffermiamoci sugli aspetti giuslavoristici.

Per le start up innovative il decreto legislativo n. 81/2015 ha ribadito la acausalità e la durata massima del rapporto  di lavoro tra le stesse parti di 36 mesi e ha confermato le deroghe alla normativa ordinaria relative ai rinnovi contrattuali e ai limiti quantitativi di utilizzo dell’istituto, unitamente alla derogabilità alle norme in materia di proroga.

Più nel dettaglio :  le start up non sono soggette ai limiti di numero di proroghe ( nei 36 mesi sono libere di procedere alla proroga anche per più di 5 volte), possono rinnovare, entro il limite massimo, più volte i contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore, anche con un intervallo inferiore a quello generale andando esenti dalla conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro; in aggiunta vi è un’apposita esclusione dai limiti quantitativi per l’utilizzo dei rapporti a tempo indeterminato.

Speciali e precipue sono, poi, le modalità di retribuzione dei lavoratori assunti nelle start up innovative, la cui retribuzione è composta da una parte fissa ( con dei minimi inderogabili a livello contrattuale) e da una parte variabile collegata all’efficienza, alla produttività del lavoratore o ad altri parametri di rendimento previamente concordati, non esclusa la possibilità di acquisizioni di quote o azioni societarie.

Una normativa, pertanto, che, anche in ambito lavorativo, assurge alla finalità di rafforzare lo sviluppo delle attività di start up innovative nel tessuto imprenditoriale del Paese.

Le agevolazioni e/o le relative deroghe per le start up innovative riguardano anche l’ambito camerale e quello societario.

Quanto al primo si evidenzia l’esonero per le attività in parola dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli adempimenti di iscrizione nel registro delle imprese unitamente all’esonero del diritto annuale dovuto alle camere di commercio.

Quanto al secondo, queste le più significative deroghe alla disciplina societaria ordinaria:

– se costituite in forma di s.r.l.:

– previsione di particolari categorie di quote, con diritti differenziati in relazione al ruolo ricoperto da ciascun socio;

– possibilità di operazioni su quote proprie, generalmente inibita ad altre società;

– facoltà di emissione di strumenti finanziari partecipativi, sia verso soci, collaboratori operativi e finanziatori, in relazione all’andamento economico della società;

– possibilità di offerta al pubblico di quote di capitale

Inoltre, è prevista la proroga del termine per la copertura delle perdite (attese le particolari finalità della società e le prevedibili iniziali difficoltà) in caso di perdite che portino ad una riduzione del capitale sociale di oltre un terzo.

Per quanto riguardo il “rischio d’impresa” la “nuova impresa tecnologica” gode dello “status di non fallibilità”: cioè non è soggetta alle procedure di fallimento, concordato preventivo e liquidazione coatta amministrativa e può pertanto accedere ai procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio.

Varie, inoltre, le agevolazioni di carattere finanziario:

– raccolta di capitali tramite iniziative di “equity crowfunding “ ( il nostro Paese è stato antesignano nella regolazione di tale modalità di raccolta fondi); facilitazioni per ammissione al Fondo di Garanzia per PMI; sostegno all’ internazionalizzazione dell’impresa ed altre iniziative di favore in relazione alle caratteristiche di ciascuna impresa.

Ben si comprende, come molteplici siano gli elementi favorevoli congiuntamente alle rilevanti agevolazioni su più materie per dar vita a una start up innovativa .

Lo studio Trinchera, pertanto, unitamente a tutti i suoi collaboratori, è ben lieto di fornire ai propri clienti la  sua qualificata e consueta attività consulenziale per i dovuti approfondimenti e specifica assistenza sulla fattispecie in esame.

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