CONVENZIONE CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI ITALIA – OLANDA > 2_ “AZIENDE E STABILE ORGANIZZAZIONE”

Navigando tra le problematiche legate all’individuazione del Paese che abbia diritto ad applicare una determinata tassazione, una si pone quale fondamentale : la definizione del concetto di “Stabile Organizzazione”; compito ancora più laborioso e complesso, oggi rispetto al passato, in conseguenza della enorme “velocità” di operatività internazionale e intercontinentale che le imprese hanno acquisito, investendo e “ragionando” non più in termini di “area paese” bensì di “aree continentali” e tramite strumenti di “comunicazione” e di “trasferimento di ricchezza” in tempo reale.

Con il termine STABILE ORGANIZZAZIONE si definisce il principio dii diritto tributario che riconosce, ad un determinato Stato, il diritto di imposizione tributaria sul reddito   prodotto da un’attività economica, condotta sul suo territorio, da un soggetto residente in altro Stato, con l’utilizzo di una struttura fissa e continuativa nel tempo e da lui dipendente.

Tale è anche il concetto proposto dall’OCSE, all’art. 5 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni; peraltro l’attività del citato organismo sovranazionale è tesa costantemente a “modellare” i propri indirizzi alle mutevoli evoluzioni del sistema economico-politico internazionale.

Nella legislazione tributaria italiana, per quanto riguarda l’imposizione diretta sul reddito, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIRR – dpr 917/86) all’art.162, così accoglie la nozione di “stabile organizzazione”: “…l’espressione…designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.”

Cogliamo il richiamo che ci dà la lettura del primo e dell’ultimo comma dell’art. 4 (Residenti) della convenzione contro le doppie imposizioni, corrente tra il nostro Paese e i Paesi Bassi (Olanda) e che abbiamo assunto quale primo riferimento per i nostri “blog” sui rapporti fiscali internazionali, con iniziale approccio ai Paesi dell’Unione Europea.

Affermano infatti i citati commi che “…l’espressione «residente di uno degli Stati» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga prosegue poi con “…Tuttavia, tale espressione non comprende le persone che sono assoggettate ad imposta in questo Stato soltanto per il reddito che esse ricavano da fonti situate in detto Stato o per il patrimonio ivi situato…” per concludere che “…quando una persona diversa da persona fisica è residente di entrambi gli Stati, si ritiene che essa è residente dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva…” 

L’espressione “sede della… direzione effettiva” viene concettualmente ripresa dal successivo art. 5 che definisce cosa sia una Stabile organizzazione”:

1. Ai fini della presente Convenzione, l’espressione «stabile organizzazione» designa una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

2. L’espressione «stabile organizzazione» comprende in particolare:

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali;

g) un cantiere di costruzione o di montaggio la cui durata oltrepassa i dodici mesi.

Ponendo poi le seguenti specificazioni di esclusione:

3.Non si considera che vi sia una «stabile organizzazione» se:

a) si fa uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di merci appartenenti alla impresa;

b) le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinate ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare merci o di raccogliere informazioni per la impresa;

e) una sede fissa di affari è utilizzata, per l’impresa, ai soli fini di pubblicità, di fornire informazioni, di ricerche scientifiche o di attività analoghe che abbiano carattere preparatorio o ausiliario.

4. Una persona che agisce in uno degli Stati per conto di un’impresa dell’altro Stato – diversa da un agente che goda di uno status indipendente, di cui al paragrafo 5 – è considerata «stabile organizzazione» nel primo Stato se dispone nello Stato stesso di poteri che esercita abitualmente e che le permettano di concludere contratti a nome dell’impresa, salvo il caso in cui l’attività di detta persona sia limitata all’acquisto di merci per l’impresa.

5. Non si considera che un’impresa di uno degli Stati ha una stabile organizzazione nell’altro Stato per il solo fatto che essa vi esercita la propria attività per mezzo di un mediatore, di un commissionario generale o di ogni altro intermediario che goda di uno status indipendente, a condizione che dette persone agiscano nell’ambito della loro ordinaria attività.

6. Il fatto che una società residente di uno degli Stati controlli o sia controllata da una società residente dell’altro Stato ovvero svolga la sua attività in questo altro Stato (sia per mezzo di una stabile organizzazione oppure no) non costituisce di per sé motivo sufficiente per far considerare una qualsiasi delle dette società una stabile organizzazione dell’altra.

Dunque, il dover stabilire a quale, degli Stati interessati, vada attribuita la potestà impositiva comporta un preventivo esame di una specifica situazione di fatto e di diritto.

Con particolare riferimento agli ultimi tre commi (4.5.6) della Convenzione, la legislazione italiana – in tema della dovuta indipendenza del soggetto terzo il quale “opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente” – prevede, al “rinnovato” art. 162 comma 7-bis del TUIRR (dpr 917/86) – che

“… Ai soli fini del presente articolo, un soggetto è strettamente correlato ad un’impresa se, tenuto conto di tutti i fatti e di tutte le circostanze rilevanti, l’uno ha il controllo dell’altra ovvero entrambi sono controllati da uno stesso soggetto. In ogni caso, un soggetto è considerato strettamente correlato ad un’impresa se l’uno possiede direttamente o indirettamente più del 50 per cento della partecipazione dell’altra o, nel caso di una società, più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale, o se entrambi sono partecipati da un altro soggetto, direttamente o indirettamente, per più del 50 per cento della partecipazione, o, nel caso di una società, per più del 50 per cento del totale dei diritti di voto e del capitale sociale.”

Sotto il profilo IVA (imposta c.d. “armonizzata” in ambito U.E.). la stabile organizzazione è così definita dall’art. 11 del regolamento comunitario n. 282/2011, c.d. regolamento d’esecuzione “…la stabile organizzazione presuppone l’impiego di risorse umane e materiali, non essendo sufficiente la mera presenza di impianti e macchinari sul territorio di uno Stato”.

A tal proposito, di particolare interesse la recentissima sentenza della Corte di giustizia 7.5.2020 n. C-547/18.

L’ordinamento nazionale italiano, in ordine all’ imposta sulle persone fisiche (IRPEF) – all’art. 2 del TUIRR prevede (in linea di principio generale e fatte salve le convenzioni con altri Stati N.d.R.) che “…soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato…” e per quanto ha riguardo alla tassazione diretta degli enti collettivi, prevede – all’art. 73 – 1° c – del TUIRR – l’assoggettamento a tassazione dei redditi prodotti nel territorio dello Stato da non residenti “…Sono soggetti all’imposta sul reddito delle società:…le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato…”  

Il citato TUIRR, con i successivi seguenti articoli:

 151 dà la nozione di reddito complessivo delle società ed enti non residenti

152 definisce la nozione di reddito di società ed enti commerciali non residenti derivante da attività svolte nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione

 153 definisce il criterio di determinazione del reddito degli enti non commerciali non residenti.

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Se di interesse ci soffermeremo, con prossimi “focus”,  su particolari aspetti del vasto campo della fiscalità internazionale : restiamo sempre e comunque a disposizione per eventuali approfondimenti.

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CONVENZIONE CONTRO LE DOPPIE IMPOSIZIONI ITALIA – OLANDA > 1_”RESIDENZA DELLE PERSONE FISICHE”

CONVENZIONE TRA LA REPUBBLICA ITALIANA ED IL REGNO DEI PAESI BASSI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO E SUL PATRIMONIO E PER PREVENIRE L’EVASIONE FISCALE

1)   RESIDENZA DELLE PERSONE FISICHE

Si è fatto cenno, nel contesto di alcuni precedenti interventi nel nostro Blog, a   principi fondamentali di Scienza delle Finanze e di Diritto Tributario (pur con le relative, talvolta necessarie, eccezioni dettate da scelte di politica economica e relazioni internazionali).

Questi i “fondamenti” dei moderni sistemi tributari per quanto riguarda l’imposizione “diretta”:

–  universalità della imposizione diretta personale sul reddito (oggetto di commisurazione del prelievo impositivo è il reddito complessivo del soggetto di imposta, da qualsivoglia fonte e luogo le sue componenti provengano); imposizione da esercitare da parte dello Stato nel cui territorio ha stabile residenza il soggetto interessato.

– tassazione del reddito nel territorio in cui esso è prodotto e da cui trae le proprie ragioni;

divieto di doppia (o plurima) imposizione, con applicazione della stessa imposta, su redditi che derivino dallo stesso presupposto, anche nei confronti di soggetti diversi;

competenza del Paese di appartenenza del contribuente ad effettuare il procedimento di tassazione a carico del proprio cittadino.

Tali principi, apparentemente conciliabili tra loro all’interno del Territorio di uno Stato, diventano inapplicabili congiuntamente allorquando il soggetto contribuente svolga l’attività economica e/o la propria vita di relazione   in uno o più Stati diversi dal suo di origine.

A tal fine, per evitare le citate doppie tassazioni e determinare la competenza alla potestà impositiva tra diversi Stati nonché la sua estensione, è consolidata prassi diplomatica internazionale provvedere alla stipula, tra gli Stati, di apposite “convenzioni”, supportate da opportuni accordi amministrativi che regolano l’effettuazione di scambi di informazioni e parallele verifiche (anche ai fini di prevenzione dell’evasione fiscale).

Enti sovranazionali, quali l’OCSE (L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e l’ONU (Organizzazione Nazioni Unite) hanno predisposto schemi di Convenzione a cui fare riferimento.

In Italia, le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni entrano a far parte dell’ordinamento giuridico con l’atto di ratifica da parte del Parlamento, ratifica attuata mediante legge ordinaria che dia compiuta esecuzione al trattato.
L’abituale attività professionale di Studio, legata- sempre più incisivamente – anche all’internazionalizzazione delle imprese  e allo specifico campo  della fiscalità internazionale,    ci offre oggi  l’occasione di analizzare, con brevi “focus”, la Convenzione stipulata tra il nostro Governo e il Governo del Regno dei Paesi Bassi (Olanda), con particolare riguardo – in questo iniziale intervento – all’imposizione diretta sul reddito delle persone fisiche .

In un nostro precedente scritto (Beni materiali immateriali, diritti e investimenti finanziari all’Estero: obblighi di dichiarazione) abbiamo posto preliminare attenzione al concetto di residenza fiscale considerando che :  “generalmente, per i soggetti destinatari dell’obbligo, la residenza fiscale coincide con la residenza anagrafica o con il domicilio, nel caso in cui si sia scelto, per l’esercizio della propria attività, in luogo diverso dalla residenza…Plurime, invece, le considerazioni da svolgere – caso per caso – quando il soggetto interessato svolga la sua attività   In Paesi diversi dal proprio.”

In tale ottica, anche la Convenzione di cui scriviamo pone diversi criteri per l’individuazione della “residenza fiscale” del contribuente.

Infatti, all’art. 4 , nel definire il concetto di “residente in uno degli Stati (Italia o Olanda), così si esprime: Ai fini della presente Convenzione, l’espressione «residente di uno degli Stati» designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga…” prescindendo in ciò (per l’Italia) dall’ eventuale iscrizione anagrafica in un Comune del territorio nazionale o dall’ iscrizione all’Aire (Albo degli Italiani residenti all’Estero), potendo comunque essere ritenuta residenza fiscale quella in cui venga esercitata la propria attività economica o, alternativamente, il luogo ove- di fatto-  sia posto il centro degli interessi sociali e affettivi.

La Convenzione in argomento, così disciplina i casi in cui “una persona fisica” sia residente in entrambi gli Stati:

a) detta persona è considerata residente dello Stato nel quale ha un’abitazione permanente; se essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati, è considerata residente dello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali);

b) se non si può determinare lo Stato nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati, essa è considerata residente dello Stato in cui soggiorna abitualmente;

c) se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato del quale ha la nazionalità;

d) se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati, o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati risolvono la questione di comune accordo.

Per inciso, diverso il caso che riguarda società o altri enti collettivi: infatti” … quando una persona diversa da persona fisica è residente di entrambi gli Stati, si ritiene che essa è residente dello Stato in cui si trova la sede della sua direzione effettiva.”

Interrompiamo qui questo nostro primo intervento, ripromettendoci di continuare a illustrare, con successivi “focus”, l’importante settore dei rapporti di lavoro transnazionali, delle attività imprenditoriali internazionali e della correlata fiscalità.

Lo Studio rimane a disposizione per ogni eventuale approfondimento di specifici casi.

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Incentivi messa in sicurezza ed acquisto dispositivi protezione individuale

Il decreto “Cura Italia” – D.L. 18/2020 – entrato in vigore lo scorso 17 marzo, prevede la possibilità di usufruire di incentivi per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, guanti, occhiali, copri scarpe ecc..

In particolare l’articolo nell’art. 43 D.L. “Cura Italia” recita: “Allo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese, a seguito dell’emergenza sanitaria coronavirus, l’Inail provvede entro il 30 aprile 2020 a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale […]”.

Nei giorni scorsi Invitalia ha pubblicato sul suo sito internet il bando Impresa Sicura, finalizzato al rimborso pari al 100% delle spese sostenute dalle aziende, nel periodo intercorrente tra il 17 marzo e la data di presentazione della domanda, per l’acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale utilizzati per il contrasto e il contenimento del COVID-19. L’importo massimo rimborsabile è di € 500 per ogni addetto, fino ad un massimo di € 150.000 per impresa, mentre l’importo minimo è pari ad € 500. La dotazione finanziaria disponibile ammonta complessivamente ad € 50 milioni.

Possono partecipare tutte le imprese attive (non in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali) iscritte regolarmente al Registro Imprese con sede principale o secondaria in Italia, registrandosi nell’area riservata del portale dedicato. Per la compilazione e invio della domanda è necessario registrarsi sul sito internet dedicato ed essere in possesso di firma digitale intestata al titolare/legale rappresentante

Per informazioni più dettagliate vi consigliamo di visionare il sito internet dedicato https://www.invitalia.it/cosa-facciamo/emergenza-coronavirus/impresa-sicura e copia del bando allegato alla presente.

Un ulteriore incentivo è previsto dall’articolo 64 D.L. “Cura Italia”: “Allo scopo di incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta, nella misura del 50 per cento delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro sostenute e documentate fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta […].”. Il “Decreto Liquidità” – D.L. 23/2020 – ha ulteriormente ampliato l’agevolazione includendo anche l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale.

Ad oggi, nonostante siano passati più di 30 giorni, il sopra citato Decreto non è stato ancora pubblicato, quindi non si hanno ancora informazioni concrete sulle tempistiche e sulle modalità di fruizione del credito.

Lo Studio rimane a disposizione per eventuali chiarimenti.

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RW – Obblighi di dichiarazione – “Beni materiali immateriali, diritti e investimenti finanziari all’Estero”

Il decreto legge n. 167 del 28.6.1990 (Legge 4.8.1990 n. 227) ha introdotto l’obbligo, per i contribuenti residenti nel territorio nazionale, della indicazione – in apposito modello di dichiarazione – indicato con la sigla RW- da presentare unitamente al mod. unico di dichiarazione annuale dei redditi, di indicare eventuali investimenti o attività finanziarie detenute all’estero e i connessi trasferimenti.

Più specificatamente, l’art.4 – 1° e 2° comma – del citato D.L., così recita:

1.“Le persone fisiche, gli enti non commerciali, nonché’ i soggetti indicati nell’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, devono indicarli nella relativa dichiarazione dei redditi.

2.”Nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria. Tale obbligo sussiste anche nel caso in cui al termine del periodo di imposta i soggetti non detengono investimenti e attività finanziarie della specie.

Sono dunque soggetti interessati: le persone fisiche, gli enti non commerciali (no profit), le società semplici e i soggetti assimilati a quest’ultime, cioè le società di fatto che non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali, nonché le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni e gli esercenti attività di lavoro autonomo anche per le operazioni relative all’attività professionale.

Preliminare attenzione è da porre al concetto di residenza (fiscale) in Italia: generalmente, per i soggetti destinatari dell’obbligo, la residenza fiscale coincide con la residenza anagrafica o con il domicilio, nel caso in cui si sia scelto, per l’esercizio della propria attività, in luogo diverso dalla residenza.

Plurime, invece, le considerazioni da svolgere – caso per caso – quando il soggetto interessato svolga la sua attività   In Paesi diversi dal proprio, la sua permanenza all’Estero si protragga per una determinata frazione d’anno, e abbia posto il “centro” dei suoi interessi professionali e quello degli interessi di carattere patrimoniale e familiare in luoghi diversi tra loro.

Da rilevare che, soggetto all’obbligo dichiarativo, non è soltanto l’intestatario “giuridico” dei beni o delle attività, ma anche chi ha i poteri di disporre di fatto e movimentare attività finanziarie di terzi.

Dovrà anche essere indicata, in apposita sezione, la presenza dell’eventuale titolare effettivo degli investimenti esteri, con evidenza se tale titolarità derivi da una partecipazione qualificata in società avente sede in un Paese “collaborativo” (White list) o “non collaborativo” (Black list).

Soggetto interessato anche il trust con sede in Italia, quale soggetto non commerciale: l’onere dichiarativo è in capo al trustee, oltre che ai beneficiari effettivi.

Il quadro RW oltre che al citato monitoraggio della “ricchezza” di residenti nazionali è finalizzato anche alla quantificazione di due  specifici tributi di natura patrimoniale:  l’IVIE (Imposta sugli immobili detenuti all’estero) e IVAFE (Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero) : potrà accadere che in alcuni casi di esonero dal “monitoraggio” (per rare situazioni e per modestissimi  patrimoni), sarà comunque dovuta la presentazione del modello RW per il versamento delle due imposte.

Tra le attività patrimoniali all’estero elenchiamo, ancorché non in via esaustiva:

– immobili e/o diritti reali su tali beni;

– automezzi e mezzi navali registrati all’estero;  

–  oggetti di antiquariato, gioielli e altri oggetti preziosi, quadri e altre opere d’arte;

– ogni altro bene, materiale, o immateriale, o diritti su di essi.

Tra le attività finanziarie:

– conti correnti bancari e altre forme di deposito;

– quote di partecipazione in società estere e relativi diritti;

– titoli pubblici, obbligazioni e similari emessi da soggetti esteri;

– cassette di sicurezza (e loro contenuto) depositate all’estero;

– adesione a forme di previdenza volontaria;

– polizze di assicurazione;

– qualsiasi altra forma di investimento, detenzione o diritto di natura finanziaria.

Negli ultimi anni, un particolare rilievo, tra i mezzi di pagamento e gli investimenti finanziari, hanno assunto quelli “virtuali” legati a particolari forme di “monetizzazione” che vengono chiamate “criptovalute”: si tratta di valori monetari “immateriali” non emessi – né controllati o garantiti- da alcuna autorità statale o sovranazionale, che circolano esclusivamente per via telematica e sotto crittografia.

A prescindere da alcun giudizio che si possa esprimere su tale fenomeno, per quanto di interesse al presente intervento, è da evidenziare che l’eventuale possesso, quale mezzo di pagamento volontario o quale investimento, di criptovaluta (Bitcoin, Armony, Electrum, etc.) – secondo parere dell’Agenzia delle Entrate (condiviso anche dal Tar del Lazio con recente sentenza 1077 del 2020) – rileva ai fini della redazione del modulo RW.

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Abbiamo cercato, in queste brevi note, di dare una prima informazione di massima sul delicato e composito argomento trattato, ricco, più di altri, di numerose “sfaccettature”: restiamo a disposizione per ogni particolare approfondimento che vorrete proporci.

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14/04 > Avvio fase finanziamenti alle imprese >Prestiti fino a 25.000 euro ed oltre > Focus complessivo

Liquidità Imprese

Nella giornata del 14 u.s. il Fondo di Garanzia e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) hanno reso pubblico il modello di richiesta dei prestiti, con garanzia statale integrale, per i finanziamenti non superiori a 25.000 euro.
Il modulo è estraibile dai rispettivi siti dei due enti e va trasmesso con posta elettronica – anche non certificata – all’istituto bancario di riferimento; sarà poi quest’ultimo – a sua volta – a richiedere la prevista garanzia allo Stato.
Gli elevati accessi ai siti del Fondo e del Mise hanno creato difficoltà di collegamenti, evidenziando una ipotizzabile debolezza dei sistemi informatici nazionali, sistemi che – nella prospettiva di incremento dei mezzi telematici di comunicazione – diverranno sempre più vitali per i diversi settori sociali.
Le risorse rese disponibili dal decreto “liquidità”, per la citata categoria di agevolazione, appaiono già insufficienti per soddisfare le potenziali richieste: l’alto coefficiente di rischio (garanzia al 100%) che si assume lo Stato ha indotto ad un accantonamento ad esso adeguato: le leva prevista è di 1:3, cioè per ogni unità di garanzia sono previsti 3 unità di finanziamento.
E’ da ricordare quanto segue:
– a tale forma di finanziamento sono ammessi i lavoratori autonomi e le PMI
– il finanziamento viene erogato nel limite del 25% dei compensi (per i lavoratori autonomi) o ricavi (per le PMI): pertanto, per usufruire dell’intera agevolazione di 25.000 euro si dovrà avere un parametro di compensi/ricavi di 100.000 euro
– la durata del finanziamento è fino a sei anni, con rimborso del capitale dall’inizio del terzo anno
– il tasso previsto – calcolato sugli attuali parametri – è circa l’1,2%
– nonostante non sia prevista istruttoria di merito da parte statale, le banche condurranno la loro istruttoria di affidabilità e potranno negare il prestito
– il modulo di richiesta si completa di tre allegati da compilare a cura del richiedente e le dichiarazioni sono rese ai sensi degli articoli 75 e 76 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445
Considerazioni particolari per il regime “forfettario”
Nel presupposto che il finanziamento è erogabile nel limite del 25% dei compensi o ricavi, la quota massima di prestito a cui possono accedere gli interessati sarà pari a 16.500 euro, o inferiore se il parametro di riferimento non raggiunge i 65.000 euro, cifra massima per godere della “tassa piatta” del 15% .
Per le imprese con fatturato non superiore a 1,5 miliardi di Euro e con meno di 5.000 dipendenti la soc. SACE ha già formulato le opportune istruzioni e avviato la necessaria interlocuzione con gli istituti bancari.
Tale tipologia di finanziamento prevede il limite più alto tra il 25% del fatturato o due volte il costo per il personale sostenuto per l’esercizio 2019, con l’impegno aggiuntivo dell’esclusione della possibilità di distribuzione dividendi o riacquisto azioni proprie e di confronto con i sindacati per la gestione del personale.
Ipotesi di “lavoro”
La rilevante necessità di fondi, che si prospetta necessaria per l’intero sistema dell’Imprenditoria Nazionale e per la ristrutturazione del nostro Sistema Sociale, potrà condurre all’ideazione o alla riscoperta di ulteriori forme di finanziamento o compartecipazione alle imprese che – oltre ai provvedimenti pubblici e a quelli Comunitari – possano sollecitare i grandi investitori privati a partecipare al “rimodellamento” della nostra economia: dalle già sperimentate “cambiali finanziarie” ai titoli di partecipazione e oltre; non ultimo per il sistema sociale, il rafforzamento e l’incentivazione di modelli organizzativi del Terzo Settore.

In caso di interesse si consiglia di sentire il proprio Istituto di Credito di riferimento ove già “attrezzato” nell’affrontare la pratica.

Chiavenna, lì 15 Aprile 2020

 

 

In allegato:

  • MODULO DA PRESENTARE AL SOGGETTO RICHIEDENTE DEL FONDO DI GARANZIA (BANCA, INTERMEDIARIO FINANZARIO, CONFIDI)

Allegato-4-bis

  • Documento di ricerca del nostro CNDCEC in merito ai “PRINCIPALI INTERVENTI PER FAVORIRE L’ACCESSO AL CREDITO CONTENUTI NEL DECRETO LEGGE 17 MARZO 2020 N.18 C.D. “CURA ITALIA” E NEL DECRETO LEGGE 8 APRILE 2020 N. 23 C.D. “LIQUIDITÀ”

Approondimento CNDCEC Italia_Possibilità finanziamento

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10/04 > DAL CONTRASTO ALL’ITALIAN SOUNDING AL SOSTEGNO DELL’ EXPORT > #studiotrinchera #studiotrincherainforma

DAL CONTRASTO ALL’ITALIAN SOUNDING AL SOSTEGNO DELL’ EXPORT

Lo scorso anno, anche al fine di contrastare il c.d. Italian Souding (“pratiche finalizzate alla falsa evocazione dell’origine italiana di prodotti”), con il Decreto Crescita (DL 34/2019, convertito in legge 28 giugno 2019 n. 58) è stata approvata una normativa tendente alla protezione e al sostegno dell’origine italiana di prodotti nazionali: tale iniziativa legislativa era stata ispirata, tra l’altro, dalla nota crisi della società dolciaria Pernigotti di Novi Ligure.
Nel corrente anno, in attuazione della citata L. legge 28 giugno 2019, n. 58, con Decreto 10 gennaio 2020 (Disciplina dell’iscrizione al registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale nonché’ di individuazione del logo «Marchio storico di interesse nazionale». (GU Serie Generale n.46 del 24-02-2020) e Decreto (MISE) del 27 febbraio 2020 (Modalità applicative per l’iscrizione al registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale – in GU Serie Generale n.92 del 07-04-2020) è stato dato il via – a partire dal 16 aprile p.v. – alle possibili iscrizioni nell’atteso registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale: tra gli attuali e importanti obiettivi della norma, anche quello di tutelare e sostenere la proprietà industriale delle aziende storiche italiane, principalmente nel decisivo settore dell’esportazione.
Soggetti interessati: titolari di marchi con almeno 50 anni di esistenza; in caso di più legittimi utilizzatori, prevarrà l’orientamento del proprietario.
Esercizio del marchio: registrazione attiva e rinnovata. Ove il marchio non sia stato registrato, sarà necessario dimostrarne l’uso cinquantennale: è ammessa la prova “libera” dell’affermato stato di fatto.
Modalità di iscrizione: domanda, in bollo, inviata per via telematica all’Ufficio italiano brevetti e marchi (acronimo UIBM).

Tempi di risposta previsti UIBM: 60 giorni per marchi registrati e 180 giorni per quelli non registrati.
Diritti degli iscritti: facoltà di utilizzare l’apposito logo “MARCHIO STORICO” unitamente a quello attualmente utilizzato.
Ammissione – salvo modifiche – all’utilizzo del Fondo per la tutela dei marchi storici:

“…e’ istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale. Il predetto Fondo opera mediante interventi nel capitale di rischio delle imprese di cui al comma 2. Tali interventi sono effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato destinati
A promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto1988, n. 400, sono stabilite le modalità e i criteri di gestione e di funzionamento del Fondo di cui al primo periodo…”

 

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BOZZA DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE” > Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa > tempo lettura 4 min. e 30 sec. > #studiotrincherainforma

BOZZA DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE”

Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa

Ancora non è stato pubblicato il decreto del Consiglio dei Ministri del 6 aprile: le prime necessarie considerazioni operative saranno necessariamente non definitive e comunque soggette a ripensamenti.
Una prima verifica porta a considerare come, nella sua sostanza, il provvedimento non amplia le disponibilità di “scostamento” già fissate dal decreto “Cura Italia” ma ne rimodula l’utilizzo: le effettive coperture finanziarie sono attese (sperate) con un prossimo Decreto Legge della seconda metà di aprile.
Peraltro, perché si attui appieno l’annunciato ampliamento delle disponibilità occorrenti, sarà necessaria l’autorizzazione del Parlamento.
Dal punto di vista amministrativo, fatte le opportune correlazioni, emergono meccanismi procedurali che potranno recare tempi non brevi per l’effettiva erogazione di fondi alle imprese.
Pur ottenendo un sollecito “benestare” da parte dell’UE (siamo nel campo degli “aiuti di Stato”), l’iter di esame delle domande di finanziamento prevede diverse “stazioni”: va ad interessare gli istituti bancari (per la valutazione del “merito bancario”), il Ministero dell’Economia, a cui è demandato in compito di formulare Decreti Attuativi (magari con l’introduzione di ulteriori oneri sostanziali e formali) nonché lo Sviluppo Economico, per il giudizio di sul grado di interesse generale delle attività svolte dalle imprese richiedenti finanziamenti. Per le garanzie SACE è prevista una Convenzione tra l’Istituto e il Mef, con l’intervento del CIPE e la creazione di un Comitato ad hoc per l’assistenza finanziaria all’esportazione.
Per i finanziamenti a favore delle micro-imprese e dei lavoratori autonomi vengono confermate sia un’istruttoria che dovrebbe essere soltanto formale che la garanzia totale da parte dello Stato, sino però al limite di 20.000 euro di prestito: negli altri casi la garanzia sarà parametrata a diversi specifici valori di ogni singola categoria economico-finanziaria di impresa.
La misura degli interessi varia in relazione alle caratteristiche dell’impresa: comunque, non si preannunciano “vicine allo zero”.
Si allega sintetico prospetto di raffronto delle varie previsioni (cliccare sul seguente link): 

Quadro delle garanzie per 6 tipologie di impresa

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DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE” > PRIME INFORMAZIONI

DECRETO “LIQUIDITA’ ALLE IMPRESE”

PRIME INFORMAZIONI

Il Consiglio dei Ministri, nel corso della riunione tenuta ieri, ha approvato l’atteso decreto detto “liquidità alle imprese” : con riserva di poter leggere il documento ufficiale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, dalle informazioni diffuse dagli organi di Governo, il decreto in questione prevede varie forme di finanziamento a favore sia di micro imprese e lavoratori autonomi e sia di imprese piccolo – medie e grandi, con vari limiti di importo e specifiche modalità di “istruzione” delle posizioni di affidamento da parte delle banche delegate; assicura inoltre la copertura della garanzia statale, totale per finanziamenti sino a 25.000 euro e parziale – con varie modulazioni quantitative – per le erogazioni che interessano le PMI e le Grandi Imprese.
In particolare, per i finanziamenti sino a 25.000 euro, sono previsti tempi rapidi ed una procedura automatica, esonerando gli istituti bancari da ogni obbligo di istruzione dettagliata per la determinazione del “credito bancario” assegnabile al richiedente.
Rischio di intempestività per i finanziamenti di maggior peso, sia per gli oggettivi necessari tempi occorrenti per un ponderato svolgimento della pratica di affidamento e sia per quelli che saranno i criteri adottati; se da un lato saranno ancora primari i criteri di garanzia offerti, dall’altro dovrà far premio la bontà dell’idea imprenditoriale da sostenere; da considerare inoltre che una rilevante quota di finanziamenti sarà gestita dalla SACE (società per azioni del gruppo Cassa Depositi e Prestiti) indirizzata al sostegno delle attività di esportazione : orbene, tale tipo di sostegno è considerato dalla normativa comunitaria “aiuto di Stato”, e come tale dovrà essere autorizzato dalla Comunità Europea, con tutte le conseguenze del caso, atteso il non facile clima di “tesa interlocuzione” attualmente corrente tra i vari paesi europei : su tali problematiche ci riserviamo quanto prima di svolgere alcune riflessioni.
Il decreto ha anche come oggetto i seguenti provvedimenti.
In campo fiscale e previdenziale:
– sospensione dei versamenti IVA e concessione di agevolazioni in tema di ritenute d’acconto su ricavi e compensi percepiti in aprile e maggio per professionisti e imprenditori con ricavi o incassi inferiori a 400.000 euro;
– non comminazione di sanzioni e interessi connessi a versamenti di acconti per l’anno 2020;
– sospensione – per aprile e maggio – dei versamenti di ritenute e contributi previdenziali e dell’IVA per alcune categorie di operatori economici, in relazione ai compensi o ricavi dell’anno 2019 e al calo rilevabile per i mesi di marzo e aprile 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell’anno 2019.
Inoltre, è stato deciso il differimento dell’entrata in vigore di buona parte della normativa sulla “crisi d’impresa” e la sospensione di quella connessa alla salvaguardia del capitale sociale delle società, in relazione ai negativi effetti dell’attuale crisi sanitaria.
Infine, viene rafforzato il c.d. “Golden power”, cioè il potere di controllo e di intervento che lo Stato può esercitare sulle operazioni societarie “ostili” nei confronti di “settori strategici” per impedirne ogni acquisizione di controllo da parte di soggetti stranieri.
Questa l’estrema sintesi oggi traibile dell’atteso provvedimento, fatta salva ogni più approfondita lettura del testo definitivo.

Chiavenna, lì 7 Aprile 2020

Dott. Giacomo Dino Trinchera

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COVID 19-REVISIONE DEI CANONI DI LOCAZIONE IMMOBILIARI AZIENDALI #studiotrincherainforma

#studiotrincherainforma

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COVID 19

– REVISIONE DEI CANONI DI LOCAZIONE IMMOBILIARI AZIENDALI – PAGAMENTO CANONI PERIODICI – AGEVOLAZIONI
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Una delle molteplici difficoltà economiche e finanziarie che molti operatori economici si trovano oggi ad affrontare è quella legata al pagamento dei canoni mensili di locazione per l’immobile sede della propria azienda.
Varie le soluzioni per mitigare gli effetti di temporanea mancanza di liquidità in conseguenza del periodo di forzata inattività.
Senza dubbio, il migliore approccio iniziale è quello di instaurare un costruttivo dialogo di confronto con il proprietario dell’immobile (locatore); dal comune esame dei rispettivi interessi e delle rispettive valutazioni, si potrà pervenire, nella prospettiva di continuità dell’attività aziendale, ad un accordo che può prevedere l’applicazione di una o più delle seguenti ipotesi:
una temporanea sospensione dei pagamenti da rinviare ad una data stabilità, senza alcuna maggiorazione per penalità o interessi;
una revisione (temporanea o definitiva) del contratto di locazione, con introduzione di nuovi accordi relativi alla misura del canone, ai tempi del suo pagamento, o altri patti e oneri originariamente a carico di una delle parti;
una risoluzione consensuale del contratto.
Per le descritte ipotesi è opportuno, per entrambe le parti, formare un atto scritto da sottoporre a regolare registrazione affinché esso sia opponibile a terzi o quantomeno darne data certa anche per mezzo di strumenti informatici.
Nel caso di mancato accordo, varie le scelte che si pongono all’imprenditore:
– ove non ritenga di continuare l’esercizio di impresa, potrà recedere dal contratto, con comunicazione formalmente notificata alla proprietà con un preavviso di sei mesi; dovrà comunque invocare (e dimostrare) i gravi ed insuperabili motivi di “forza maggiore imprevedibili e inevitabili” – non dipendenti dalla propria volontà – che lo inducono al recesso dal contratto.

In mancanza di tali adempimenti, oltre al pagamento di sei canoni, dovrà risarcire il locatore dei danni da questi subiti e la cui esistenza sia effettiva e dimostrata.
Per quanto riguarda il concetto di “gravi motivi”, varie e non sempre univoche le interpretazioni formulate sia da Giudici di Merito (Tribunali e Corti d’Appello) e sia da Giudici di Diritto (Sezioni di Corte di Cassazione).

AGEVOLAZIONI (art. 65 D.L. 18/2020 c.d. Decreto Cura Italia e circ. Agenzia Entrate).
Le decisioni da assumere in relazione ai contratti di locazione saranno influenzate, ove ne ricorrano i presupposti, anche dalle recentissime norme portate dal citato decreto e dal contenuto della correlata Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E/2020.
Viene infatti riconosciuto, a favore degli esercenti le attività che sono state sospese per obbligo di legge e limitatamente per gli immobili di categoria catastale C/1 (negozi e botteghe), un credito d’imposta ( spendibile in compensazione con utilizzo del mod.F24) pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 ed effettivamente corrisposto al locatore.
Ad oggi, sussistono fondate attese perché la detta agevolazione sia prorogata anche per periodi successivi
al marzo.

Chiavenna, lì 6 Aprile 2020

Dott. Giacomo Dino Trinchera

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